martedì 31 marzo 2020

Bandiera Italiana a lutto.


https://youtu.be/6XRlStvB1YE

Bandiera Italiana a mezz'asta oggi sui nostri social in memoria delle troppe persone morte a causa del Covid19.

Lutto Nazionale Covid19


Bandiera Italiana a mezz'asta oggi sui nostri social in memoria delle troppe persone  morte a causa del Covid19.


lunedì 30 marzo 2020

Pappagallo single o....

PAPPAGALLO SINGLE,  O …

Volevo un pappagallo. Avevo vent’anni e già da diversi anni lo volevo. Non mi bastavano più i multicolori ondulati e i meravigliosi inseparabili mascherati a coda corta. Da anni ammiravo ormai le amazzoni dalla fronte gialla che, nei migliori negozi di animali, se ne stavano tranquille su un trespolo e addirittura ero attratto dal magnifico pappagallo cenerino che invece appariva terrorizzato dagli esseri umani e ruggiva letteralmente quando ci si avvicinava alla sua gabbia, peraltro tenuta fuori dalla portata del pubblico, in un elegante ma anche fantasioso negozio di via Buenos Aires (Milano) che io frequentavo regolarmente negli anni sessanta.
Quando infine scovai una coppia di conuri dei cactus in un negozio di viale Cenisio, decisi che a quattordicimila lire la coppia potevo permettermene soltanto uno. Il titolare del negozio non fu entusiasta della mia richiesta di divorzio ma mi accontentò, seppur dicendomi con amarezza che era “la prima volta che gli veniva richiesta una cosa simile”.
Aveva mille volte ragione e avrebbe dovuto rifiutarsi di accondiscendere alla mia richiesta che era miope, barbara e ottusa ma che purtroppo si verifica regolarmente ancora oggi, quasi sessant’anni dopo quel miserabile episodio. Per motivi economici, di spazio in casa, e ancora a causa di preconcetti pseudo-etologici ancora oggi non solo esiste ma addirittura abbonda la gente che desidera un pappagallo e non due e magari, se proprio arriva a desiderarne due o tre, finisce per procurarseli di specie diverse. Sono molte le persone anche niente affatto stupide che comprano e mantengono un pappagallo come se fosse un cane o un gatto. Pertanto, è arrivato il momento che qualcuno spieghi a costoro che l’acquisizione, la detenzione e il trattamento di un pappagallo sono questioni che è necessario studiare a fondo prima di gettarsi a tuffo nell’argomento.
I pappagalli sono uccelli altamente sociali e anche monogami. Osservando la vita delle popolazioni in natura, si nota ben presto che all’interno dei gruppi, spesso anche grandi, è abbastanza facile individuare le coppie o magari le famiglie. Una dozzina di anni da, effettuando un censimento di pappagalli cenerini sulle isole del lago Vittoria, in Uganda, notai ben presto che i gruppetti che passavano in volo erano immancabilmente composti da 2-5 individui, cioè erano famiglie con o senza figli. Rarissimo era il passaggio di un individuo singolo, in generale credo che si trattasse di un ritardatario o di un’avanguardia. Dunque, i pappagalli sono uccelli sociali ma soprattutto sono uccelli monogami. Se a qualcuno venisse l’idea di mantenerne uno isolato, dovrebbe assumersi l’onere di diventare il suo partner, cioè di dedicargli almeno 15-20 ore di attenzione ogni giorno. Se non si sentisse di assumersi un simile impegno, allora sarebbe meglio lasciare perdere il pappagallo o, in alternativa, acquisirne una coppia. Molti anni fa acquisii una femmina di pappagallo dal ventre arancio che, in attesa dell’arrivo del maschio,tenni isolata in una piccola gabbia. Ebbene, la giovanetta, per mantenersi tranquilla, pretendeva che io tenessi la gabbia a non più di un paio di metri dalla mia scrivania. Ben peggiore fu il mio rapporto con un cacatua affidatomi che, quando mi occupavo di altri pappagalli, iniziava a urlare a squarciagola, come soltanto un proprietario di cacatua può immaginare.
Personalmente, grazie ai preziosi consigli dell’amico Paolo Bertagnolio, il primo studioso italiano di pappagalli che ho avuto la fortuna di conoscere già negli anni sessanta, ho optato da tempo, devo dire con piena soddisfazione, per il mantenimento in coppia.
In effetti, i pappagalli vivono in coppie ma sono anche uccelli sociali. Se non vi sentite di diventare il partner particolare di un pappagallo, è opportuno che scegliate di diventare uno del suo gruppo, magari anche un buon amico. In questo modo, se anche vi limitate a dedicare agli uccelli un’ora al giorno o anche meno, tutto andrà bene.
A tale scopo, possibilmente non dovete scegliere un pappagallo allevato a mano, cioè sottratto ai genitori e allevato faticosamente da un essere umano che gli fornisce ogni giorno 3-4 pasti caldi fino allo svezzamento, dopo 20, 30, 60 o più giorni, a seconda delle circostanze. So bene che i pappagalli allevati a mano sono molto attraenti e che è difficile resistere al loro fascino ma io credo che si dovrebbe farlo perché non è da amici sinceri sottrarre un infante alla sua famiglia naturale per costringerlo a legarsi a noi. Sia ben chiaro che io non credo ai diritti, degli animali (e del resto neppure a quelli cosiddetti “naturali” degli esseri umani), però credo molto nella pietà e nella ragionevolezza e infine credo che non sia né pietoso né ragionevole allevare “a mano” un uccello senza un grave motivo che ce lo suggerisca, cioè unicamente un insolito abbandono da parte dei genitori. Un pappagallo allevato a mano, in modo particolare se non è allevato in gruppo, soffrirà di turbe della personalità e potrebbe diventare incapace di accettare un normale partner della sua specie. Perciò, a chi desidera un pappagallo, sarà il caso di suggerire di acquistarne due, giovani, di sessi diversi e possibilmente non imparentati tra loro. 
All’inizio, il rapporto dell’allevatore con una tale coppietta non sarà facilissimo ma la costante frequentazione e la regolare offerta di leccornie potrà a poco a poco cambiare radicalmente la situazione. Non si tratta di anni ma i mesi o magari anche di settimane. Sarà un grande piacere constatare che i nostri pappagalli ci vengono incontro per accettare leccornie (noci, ciliegie, uva, frutta dolce) dalla nostra mano e, a partire da questo tipo di rapporto amichevole, si potrà arrivare oltre. Nella mia stanza dei pappagalli, quando entro e magari inizio a schiacciare noci, i miei protetti cercano di fare di tutto per farsi notare: si arrampicano su e giù per la rete, volano da un lato all’altro della voliera, si producono in vocalizzi speciali. Allora distribuisco le leccornie a tutti, secondo una coda ben precisa, per evitare di provocare frustrazione a qualcuno che si sentisse trascurato. Quando le coppie sono state formate con soggetti che avevano storie diverse, a volte uno dei due viene a prendere il cibo dalla mia mano e l’altro no. In questi casi, quasi sempre, il delegato ai rapporti con gli esseri umani si riavvicina subito al partner per dividere con lui il cibo speciale appena acquisito. I miei rapporti coi pappagalli saranno forse più simili a quelli di un direttore di hotel con la sua spettabile clientela piuttosto che a quelli di qualcuno che crede di avere un figlio con le ali ma vi assicuro che è molto meglio così.
Art. di Renato Massa.

domenica 29 marzo 2020

Memorie corte....

La colpa credo sia da addossare alla tua avanzata età, in parole povere sei un vecchio che é diverso nel dire anziano.
In realtà io non auguro auspico nel Covid19 perché possa far pulizia per benino da certa gentaccia di cui sicuramente una bionda, alcune more, e sperando nell'età avanzata e quindi in un sistema immunitario un po' lento anche qualche vecchio. 

Mi vorresti spaccare il muso? 
Caro.... 😂😂😂
Vieni, magari vieni con la tua nuova "biancAuto", qua fossi e canali  ne abbiamo in abbondanza e avrei bisogno di un'auto per caricare cani e pappagalli. 
Figlio di N. N. non mi risulta, magari i tuoi figli non siamo certi siano tuoi, ma tutto sommato fosse così non sarebbe poi così malaccio. 

Qualche settimana fa tu scrivevi sui tuoi Social..... 
Tutto sommato niente male per un vecchio che si erge a paladino di vecchie bionde. 




sabato 28 marzo 2020

Un genio del male...

Per te che etichetti "imbecilli" chi ti sopporta da quando è nato il Social.
Caro Sergio riprova alla prossima... 

Goa "un povero pappagallo" é di una bellezza sconvolgente che neppure photoshop riesce fare con i tuoi pappagalli. 
Sei un povero vecchio accompagnato dall'altro vecchio, due vecchi inutili da sempre. 

Blocco per 30giorni

Questo post è datato 2016...
È stato segnalato per "NUDO O ATTI SESSUALI... 
Il blocco del profilo sarà per 30 giorni.... 
Pazienza... 
La mia pagina e tutte le pagine collegate al profilo saranno comunque sempre attive. 
Un abbraccio dalla Lomellina. 


mercoledì 25 marzo 2020

Introduzione all'etologia degli Psittacidi

Art. di Marco Cotti. 
Introduzione all'etologia degli psittacidi
La comprensione del comportamento animale, è sicuramente uno degli obiettivi che l’uomo si è posto fin dalle sue stesse origini: dapprima, per la propria sopravvivenza, poi, per ragioni di utilità, in seguito, per pura sete di conoscenza del mondo animato, non ultimo di se stesso.
La scienza che si occupa di indagare il comportamento degli animali, studiandolo rigorosamente nella sua forma naturale ed ancestrale, si chiama etologia, termine che deriva da “ethos”e “logos” che dal greco significano rispettivamente “carattere” o “costume” e “discorso”. L’etologia utilizza come metodologia di studio, l’osservazione del comportamento in condizioni naturali, ma anche in contesti di laboratorio, attraverso esperimenti costituiti ad hoc per le varie ipotesi di ricerca. Gli animali provengono da una lunghissima selezione filogenetica, che di pari passo con i cambiamenti ambientali, ha “modellato” le loro caratteristiche fisiche e mentali, per renderli capaci di vivere e riprodursi: ignorare questa basilare implicazione evolutiva, significherebbe perdere ogni validità ed attendibilità sperimentale, anche in condizioni controllate artificialmente.
L'obiettivo di questo articolo è far luce, in linea generale, sui più salienti comportamenti dei pappagalli, in modo che tali conoscenze possano spiegare molti aspetti che si notano osservando gli esemplari in cattività.
Gli Psittacidi, in varia misura, sono caratterizzati da una spiccata gregarietà e socialità: i legami sociali tra i soggetti risultano forti e durevoli nel tempo. Le manifestazioni tangibili che rappresentano e rafforzano tali legami, vengono esibite diverse volte nell'arco del giorno e vanno dal preening (pulizia vicendevole del piumaggio), al passaggio di cibo becco a becco, fino, ovviamente, a frequenti accoppiamenti nel periodo di riproduzione.
In passato il pappagallo veniva da molti ritenuto un animale totalmente monogamo, oggi, invece, si è molto più cauti su questo punto, e sono già numerosi gli esperti che hanno documentato la "separazione" di coppie stabili ed il successivo ricongiungimento con nuovi partner. D'altronde, le esperienze registrate in cattività sono largamente in favore della seconda tesi: laddove è possibile scegliere, molte coppie riproduttrici, cambiano partner, se messe nella condizione di condividere gli stessi spazi per qualche tempo. Una spiegazione a questo fenomeno può essere in parte imputata alla maggior monotonia di vita dei soggetti tenuti in gabbia, che dopo un certo periodo potrebbe favorire situazioni di rottura e cambiamento.
In ogni caso, il rapporto di coppia rimane il legame più forte nella struttura sociale dei pappagalli, che per il resto è essenzialmente paritaria: non esistono capi o vecchi esemplari che guidano le scelte, ma c'è un gruppo di soggetti più o meno allargato che coordina e condivide molte delle attività quotidiane: le zone di foraggiamento vengono cercate e prese d'assalto insieme, come insieme si condividono le ore calde dei tropici, pulendosi il piumaggio o sonnecchiando. Le specie più gregarie (Aratinga, Agapornis, Poicephalus, Brotogeris, ecc.) nidificano a stretto contatto, e non è raro osservare genitori che imbeccano pulli di altre nidiate. Spesso, i siti di nidificazione non sono occupati solamente dai piccoli appena schiusi, ma all'interno vi possono stazionare anche soggetti della covata precedente, i quali, non ancora pronti a lasciare il gruppo famigliare, si prodigano a scaldare i fratelli più piccoli. Anche gli alberi utilizzati come dormitorio sono condivisi a stretto contatto durante la notte: in molti casi, centinaia di esemplari appollaiati appesantiscono i rami, prima che l'alba li faccia andare altrove. I segnali di pericolo possono essere emessi da qualsiasi soggetto del gruppo che si accorga di un predatore, e corrispondono ad un verso ben chiaro che ha la funzione di mettere in allarme, o in fuga, l'intera colonia. Per prevenire una buona porzione dei rischi di predazione, molte specie hanno selezionato spiccate abitudini arboricole, passando tutta la vita esclusivamente sugli alberi.
Come si può facilmente capire, il sistema ecologico in cui i pappagalli si sono evoluti, è caratterizzato da un'ampissima varietà di stimoli, e moltissime risultano anche le attività in cui sono impegnati durante l'arco della giornata.
Gli etologi applicano l'etichetta di "specialista" e di "generalista", rispettivamente alle specie che, da una parte, hanno selezionato un ristretto pattern di comportamenti per risolvere molto bene un solo problema connesso alla propria sopravvivenza, mentre dall'altra, devono scegliere e trovare diverse soluzioni per riuscire a vivere. Nella prima categoria troviamo, ad esempio, i molluschi marini semplici, che si sono selezionati esclusivamente per filtrare i nutrienti dall'acqua marina. Nella seconda categoria, invece, ci sono tutte le specie che devono cimentarsi, con una certa difficoltà, in vere e proprie azioni ben strutturate ed efficaci (apprese o ereditate geneticamente) per cacciare, scampare dai predatori, trovare rifugi per riprodurre, ed in generale, trarre beneficio dai mutamenti dell'ambiente in cui vivono. La famiglia dei Corvidi è emblematica per questa tipologia di comportamenti e l'uomo conosce benissimo la loro evidente capacità di "risolvere" problemi pratici anche in contesti profondamente antropomorfizzati nei quali hanno saputo cogliere gli aspetti più vantaggiosi.
Il comportamento dei pappagalli è molto simile a quello dei Corvidi in termini di scelte per la sopravvivenza: imitano, osservano, ricordano molto bene e sanno agire in una maniera che il senso comune definirebbe (banalmente) "intelligente". Sicuramente è stata questa (insieme alla colorazione vivace del piumaggio)  la ragione per la quale i pappagalli risultano da sempre tra gli uccelli più amati e ricercati nel mondo. La loro natura di esseri profondamente "sociali" e "socializzanti" è di fatto l'affinità elettiva che li ha legati alla razza umana ormai da secoli.
Le implicazioni derivanti da queste considerazioni non possono che coinvolgere l'aspetto etico del mantenimento di questi animali in cattività. Per sopperire al grande bisogno di esternare la loro personalità così curiosa ed espansiva, si dovrebbero fornire quanti più stimoli possibili nell'ambiente di vita in cui si detengono.
Una regola basilare per chiunque vorrebbe avere dei pappagalli in salute, è quella di permettere la socializzazione tra diversi soggetti: l'isolamento, è una condizione psicologica sconosciuta e rappresenta uno stato di solitudine che è equivalente alla sofferenza.
Una buona socializzazione tra pappagalli, anche di diverse specie, favorisce un corretto sviluppo psichico, in quanto permette un apprendimento vicario di schemi di comportamento che saranno utilissimi agli animali, una volta diventati adulti.
Parlando di aspetti pratici, possono essere "corrette" molte aree della gestione quotidiana degli animali. Ad esempio, non è sufficiente bilanciare i nutrienti dell'alimentazione, se poi i cibi offerti non consentono di essere sbucciati, manipolati, cercati attivamente o se non vengono mai variati. Bisogna essere ben consapevoli che il cibo riveste una precisa funzione psicologica per i pappagalli, e, utilizzare sempre lo stesso cibo, presentato nella stessa modalità, espone molti soggetti a problemi di nevrosi comportamentale, esibiti dalla famosa sindrome da autodeplumazione.
Non solo il cibo va variato spesso, ma anche l'ambiente della gabbia o voliera che sia: i pappagalli hanno bisogno di molti oggetti da manipolare o distruggere, rami, foglie, bacche, altalene o giochi in plastica che rivestono la fondamentale funzione di evitare la "stasi comportamentale", attraverso la quale potrebbero facilmente passare a patologie comportamentali molto più serie, oppure, incrementare i comportamenti aggressivi verso i compagni.
Ad oggi, purtroppo, nei molti contributi cartacei italiani ed esteri che trattano di pappagalli (che siano pet, o soggetti da allevamento), è ancora molto raro che si parli di "approccio etologico" per la risoluzione delle varie problematiche comportamentali. Sicuramente, questa è una grave lacuna che ancora è molto diffusa nel settore, e dire che ormai l'allevamento di uccelli esotici può dirsi già abbastanza "maturo", non certo agli albori.
Le tecniche di gestione di cani e gatti hanno ormai completamente integrato i concetti di comportamento naturale. Tali concetti sono riferiti ai corrispettivi simili presenti in natura (lupi e gatti selvatici), specie, queste, che condividono gran parte della genetica con cani e gatti presenti in ambiente domestico.
Il vantaggio di sapere "perché" gli animali agiscono in determinati momenti o situazioni, deriva proprio dallo studio del comportamento della specie, così da poter mettere in atto delle vere e proprie "strategie di modellamento" attraverso il rinforzo dei comportamenti cosiddetti "positivi" e virtuosi.
Lo scopo di questa panoramica generale e riassuntiva è essenzialmente quello di diffondere i concetti più basilari sull'etologia di un ordine tassonomico, tanto variegato, che meriterebbe approfondimenti specie per specie. Tuttavia, le argomentazioni fornite, possono offrire preziosi spunti per un cambio di prospettiva che il comune gestore o allevatore può utilizzare in maniera proficua per il benessere dei propri animali.
Bibliografia
Costa P. (2012). “Allevamento ed etologia dei pappagalli”. Aracne.
Forshaw J. (2006). “Parrots of the world, an identification guide”. Princeton University press.
Forshaw J.M., Cooper W.T. (1973).“Parrots of the world – second edition”. David & Charles Ltd – Uk.
Low R. (2005). “Amazon parrots”. Dona publishing.
Low R. (2007). “Parrot breeding”. Rob Harvey R. (2005). “Amazon parrots”. Dona publishing.
Low R. (2012). “Parrots and finches, healthy nutrition”. Insignis publications.
Massa R. (2001). “I pappagalli africani”. Edizioni FOI.
Massa R. (2010). "Il pappagallo dal ventre arancio - un'intelligenza animale". Jaca book.
Ravazzi G. (2009). “I cacatua”. Castel Negrino Editore.
Silva T. (1991). “Psittaculture”. Silvio Mattacchione & Co.

Pappagalli estinti...

Art. di Marco Cotti.

PAPPAGALLI ESTINTI.
Psittacidae
● Amazona martinicana - amazzone di Martinica (1750 ca.)
● Amazona violacea - amazzone di Guadalupa (1750 ca.)
● Ara atwoodi - ara gialloverde di Dominica (1800 ca.)
● Ara erythrocephala - ara gialloverde della Giamaica (1842 ca.)
● Ara gossei - ara rossa della Giamaica (1765 ca.)
● Ara guadeloupensis - ara delle Piccole Antille (1760 ca.)
● Ara tricolor - ara di Cuba (1864 ca.)
● Aratinga labati - parrocchetto di Guadalupa (1722 ca.)
● Conuropsis carolinensis - parrocchetto della Carolina (1914 ca.)
● Cyanoramphus ulietanus - parrocchetto di Raiatea (1773 ca.)
● Cyanoramphus zealandicus - parrocchetto frontenera (1850 ca.)
● Lophopsittacus bensoni - pappagallo grigio di Mauritius (1764 ca.)
● Lophopsittacus mauritianus - pappagallo beccolargo (1650 ca.)
● Mascarinus mascarinus - pappagallo delle Mascarene (1840 ca.)
● Necropsittacus rodericanus - pappagallo di Rodrigues (1763 ca.)
● Nestor productus - kaka di Norfolk (1851 ca.)
● Psephotus pulcherrimus - parrocchetto del paradiso (1927 ca.)
● Psittacula exsul - parrocchetto di Newton (1880 ca.)
● Psittacula wardi - parrocchetto delle Seychelles (1881 ca.)
Conuropsis carolinensis 
Il primo settembre 1914, l’ultimo Colombo migratore fu trovato morto nella sua gabbia, nel giardino zoologico di Cinicinnati. 
Prima della fine del mese, nello stesso istituto, l’ultimo Parrocchetto della Carolina cadde dal suo trespolo in una gabbia vicina e morì. Il Parrocchetto della Carolina (Conuropsis carolinensis) era un pappagallo relativamente piccolo, lungo circa 30 cm e di peso circa di 280 gr. Il suo corpo era di colore verde e giallo, la sua coda lunga ed appuntita e aveva la testa color giallo-arancio. 
Era l’unico pappagallo nativo degli Stati Uniti ma fino alla fine del diciannovesimo secolo era comunissimo nella foresta decidua a est, specialmente nei terreni bassi dei fiumi densamente boschivi. La diminuzione dei Parrocchetti coincise quasi con quella del Colombo migratore. Anche per essi la causa maggiore del loro annientamento fu la caccia smisurata da parte degli uomini che li uccidevano per gioco, per cibarsene, o per le piume. Durante il diciannovesimo secolo venivano tenuti comunemente come uccelli da gabbia e i cacciatori, facendo uso di trappole, ne catturarono migliaia per poi venderli come animaletti da compagnia, nonostante non si riproducessero quasi mai in cattività. 
Anche i coltivatori ne uccisero in gran quantità. 
Gli uccelli per natura si nutrivano di sementi, ma quando le foreste furono tagliate per fare spazio ai frutteti e ai campi di grano, anch’essi cominciarono a nutrirsi di queste colture. La reazione dei coltivatori fu prevedibile. 
Il Parrocchetto viveva principalmente nelle foreste mature e formavano il loro nido entro alberi cavi. 
Naturalmente lo sgombro delle foreste ebbe il suo effetto sulla diminuzione della specie, ma questo declino avvenne assai più rapidamente di quanto la sola distruzione dell’habitat potesse giustificare.  Vi erano due sottospecie facilmente identificabili, separati dalla catena dei Monti Appalachi che da Nord a sud arriva fino all’America orientale. La sottospecie occidentale (C. c. ludoviciana) era generalmente caratterizzata da colori più chiari della specie orientale (C. c. carolinensis), con una tinta più blu della sua colorazione verde e le ali più gialle. Entrambe le razze avevano un sistema di difesa istintivo e non comune fra i pappagalli. Quando un uccello veniva ferito ucciso, il resto dello stormo si precipitava o volteggiava rumorosamente sopra la vittima in segno di preoccupazione o collera. Nei confronti di alcuni nemici naturali questa tattica poteva servire a distrarre o cacciare via il predatore dalla vittima. Ma diventò una procedura altamente distruttiva quando si trattò di dover affrontare un uomo armato, che ne approfittava per distruggere interi stormi dopo aver atterrato un solo uccello. Verso il 1880 gli uccelli erano naturalmente diventati rari, ma fu fatto molto poco per cercare di conservarli prima che potesse essere veramente troppo tardi. A oriente l’ultimo esemplare selvatico fu raccolto nel 1901 e l’ultimo avvistamento fu effettuato nel 1904, anche se vi sono testimonianze di avvistamenti di Parrocchetti in Luisiana che risalgono al 1910. Altri rimasero vivi in cattività fino al 1914, quando morì l’ultimo di questi esemplari a Cincinnati. Il destino del Parrocchetto della Carolina fu inconsueto per la sua famiglia, in quanto la sua fama di animale dannoso lo aveva portato lo sterminio. Contrariamente, molte altre specie furono portate all’estinzione a causa dell’affetto e di ammirazione da parte dell’uomo e le richieste di mercato di questi animaletti gravano tuttora pesantemente sulle vite di questi pappagalli. 

Questa intera famiglia che varia notevolmente per forma, dimensione, colore e habitat, comprende oltre 300 specie viventi e ha sempre mantenuto per l’uomo un grande fascino nel corso della storia. 

Esotici, ma facilmente addomesticabili, agili, perfino disposti ad arrampicarsi in spazi ristretti, colorati, giocosi, birichini ed intelligenti, sembrano essere stati tenuti come animali prediletti da ogni società umana evolutasi nel loro habitat. Ma per gli europei, che non conobbero ma gli uccelli fino alla colonizzazione del sedicesimo secolo, essi sono considerati più che altro come gli uccelli che sanno parlare. Ovviamente i pappagalli non conoscono il linguaggio umano, ma fin dai tempi della Grecia classica e dei romani, ci sono stati tramandati divertenti acconti di questi uccelli parlanti. Senza dubbio, il più fluente tra gli uccelli parlanti che sia mai esistito fu un parrocchetto canoro il cui proprietario dello Hampshire, in Inghilterra, ci fornisce testimonianze che l’animale possedeva un vocabolario di 531 parole! 

Lophopsittacus mauritanicus 

Per i primi colonizzatori delle Isole Mascarene tutto ciò che si muoveva era considerato carne commestibile e i pappagalli non erano esclusi. Come ci si può immaginare, le isole erano dimora di molte specie di pappagalli ampiamente adattate, così come teatro di qualsiasi altrettante estinzioni spietate. Forse il più straordinario fra tutti pappagalli che un tempo abitarono Mauritius fu il Lophopsittacus o Pappagallo dal Becco Largo, estinto nel 1650. 

Della specie non è sopravvissuto alcune esemplare e la nostra conoscenza su questo grande pappagallo (circa 70 cm) si sarebbe potuta limitare ad alcuni testi di scheletro se non fosse stato per la scoperta in epoca recente di uno schizzo dettagliato realizzato da un olandese, Wolphart Harmanzoon, contenuto nell’inestimabile diario di bordo manoscritto relativo alla sua visita a Mauritius nel 1601-02. Vi è anche un disegno piuttosto trascurato di Sir Thomas Herbert fatto nel 1638, probabilmente l’ultima volta che l’uccello fu visto vivo. La sua caratteristica principale era il becco enorme, nonostante studi sul suo scheletro sostengono che esso fosse leggero e di debole struttura, adatto ad una dieta di sola frutta e cibi teneri. Era un uccello crestato, con la coda abbastanza lunga e di colore grigio bluastro. Sembra che fra i sessi vi fosse una notevole differenza di dimensione, ma non possiamo sostenere con certezza quale dei due fosse quello più grande. Ma l’aspetto più significativo del Pappagallo dal becco Largo era la sua incapacità al volo. Con la sua grossezza, la carena dello sterno ridotta e le ali molto corte, il massimo che sarebbe stato in grado di fare era di eseguire una scivolata in discesa simile a quella dello Strigope della Nuova Zelanda. Ovviamente, per i cacciatori di prede facili esso rappresentò un obiettivo allettante e nei confronti delle altre creature che l’uomo portò con sé a Mauritius era quasi indifeso. 

 Necropsittacus rodericanus 

Anche un possibile parente, ma molto meno adattato e di grossa taglia, visse a Rodriguez. In questo caso la nostra sola prova è rappresentata dalle sue ossa e da ciò che può essere racimolato da questo passo che si trova in un manoscritto anonimo del 1731: “i parrocchetti, numerosi, si distinguono in tre tipi. I più grossi sono più grandi di un colombo ed hanno una coda molto lunga. La testa, come il becco, è grande. La maggior parte di questi vive su isolotti situati a sud dell’isola dove si nutrono di un piccolo seme nero prodotto da un arbusto che profuma di limone. Vengono sull’isola maggiore per l’acqua. Quelli che invece rimangono sull’isola maggiore si possono trovare sugli alberi più piccoli”. Si presume che il più grande di questi uccelli fosse il Necropsittacus. Dalla prova dello scheletro risulta che fosse, a 50 cm della stessa grandezza di un grosso cacatua ed avesse un grande becco. 
Per certo sappiamo molto poco di più su questo esemplare. Comunque, alcune descrizioni di viaggiatori su un uccelli simili su Mauritius a e Riunione parlano di “Testa e coda color rosso fuoco, resto del corpo in ali verdi”, “Corpo della grandezza di un grande colombo, cima della coda e parte superiore delle ali di colore del fuoco”. Sebbene Rothschild ci parlò di due specie separate (N. francicus e N. borbonicus) passate su queste descrizioni, e più probabile che si sia trattato in questo caso di una razza soltanto. D’altra parte, il Conte Hachisuka, lo Schliemann dell’ornitologia di Mascarene, ha sostenuto che il volatile di Rodriguez era probabilmente uniformemente verde, dal momento che l’autore della relazione prosegue parlando del successivo delle tre specie di parrocchetti; “La seconda specie è leggermente più piccole più bella, perché a un piumaggio verde come il precedente, un po’ più blu e sopra le ali un po’ di rosso come sul becco”. La deduzione di Hachisuka sembra che fosse esatta, ma rimane solo un’affermazione congetturare. 

Psittacula exsul 

Alla seconda specie appena citata dall’anonima relazione era quasi sicuramente appartenuto il Par rocchetto di Rodriguez dal collare (Psittacula exsul), così denominata per le sue affinità con la famiglia, non per un collare effettivamente visibile. È anche conosciuto come pappagallo di Newton. 
Nel 1967 la sua estinzione fu considerata più probabile che certa; ma dal momento in cui l’ultimo avvistamento allo stato selvatico fu registrato nel settembre del 1874 e l’ultimo esemplare fu apportato nell’agosto dell’anno seguente, dobbiamo dedurre che questo par rocchetto di media taglia (41 cm), di un colore verde bluastro non sarà mai più avvistato. È difficile immaginare che la ristretta zona di rifugio rimasto su Rodriguez possa averlo nascosto per così tanto tempo. Francois Leguat ci parla nelle sue scritture di quanto questo par rocchetto andasse matto per le nocciole di un albero facente parte delle oleacee così come della passione di questi coloni per la carne di questi volatili (“non peggiore quella dei colombi giovani”), egli però provò anche quanto questi pappagalli fossero apprezzati dagli ugonotti in esilio come “deliziosi animaletti da compagnia”. Ci descrive come molti di loro venivano addestrati e che ne presero uno che “parlava francese e fiammingo” e lo portarono con loro quando partirono da Rodriguez per raggiungere Mauritius. Dalla descrizione contenuta nella relazione, sembrava che i maschi adulti della specie avessero avuto segni rossi sulle ali (come i parenti parrocchetti) ma gli unici esemplari presenti oggi nei musei sono una femmina e un maschio immaturo. 

Psittacula eques echo 

Strettamente connesso all’uccello di Rodriguez e probabilmente all’esemplare appena sopravvissuto di Mauritius (Psittacula echo, cinque individui conosciuti) era il Parrocchetto di Reunion dal collare (Psittacula eues). Abbiamo notizie di questo uccello solo da una pubblicazione del 1783 con la didascalia (Verruche ò collier, de l’isle de Bourbon” e da una descrizione fornitaci da Sieur Dubois che riferisce di “parrocchetti verdi, della grandezza di un colombo e dal collare nero.” 
 Mascarinus mascarinus Un altro pappagallo di Reunion fu tuttavia assai meglio documentato, almeno un pappagallo delle Mascherene (Mascarinus mascarinus) fu portato in Europa e fini i suoi giorni nel giardino del re di Baviera. Nel 1834 era ancora vivo e il suo corpo è forse l’unico conservato oggi avviene. Nessun esemplare della sua specie fu mai portato allo stato selvaggio dopo questa data. Sebbene fosse complessivamente lungo solo circa 35 cm, come molti degli altri psittaciformi delle Mascherene, era caratterizzato da un becco massiccio. Se era contrassegnato il colorato in modo straordinario, con la testa color lilla e di un muso nero, il becco rosso che la coda larga e marrone con una striscia bianca alla base. Se il resto delle sue piume era di colore marrone tendente all’grigio. È normale che fosse preferito come specie da serraglio ma non abbiamo alcun modo per calcolare almeno quanti di essi siano partiti da Reunion nel lungo viaggio per mare attorno al Capo di Buona Speranza. Vi è molta discordanza da parte degli studiosi sulle affinità di questo pappagallo, sembra più probabile che fosse imparentato con l’altro genere estinto delle Mascherene e forse al raro Coracopsis nero delle isole Seychelles. Essendo stati rilevati “pappagalli rossastri, a Mauritius nel 1638 (da Peter Mundy), alcuni scrittori tengono per vero che anche il pappagallo delle Mascherene fosse vissuto in quell’isola. Sembra altrettanto possibile, tuttavia, che l’enigmatico riferimento di Mundy fosse riferito ad un altro uccello ancora scomparso da queste isole infelici. 

 Psittacula waardi 

Ancora più a nord, nell’oceano indiano gli uccelli delle isole Seychelles se la passavano molto meglio, ma anche qui vi furono stragi di pappagalli, quantunque più recenti. Il Parrocchetto delle Seychelles (psittacula wardi) era imparentato ai Pappagalli dal collare delle Mascherene e, come il tipo che sopravvive a Mauritius, era conosciuto come “Cateau vert”. 
Anch’essi identico di taglia (41 cm) esso differiva dalla psittacula delle Mascherene in quanto sprovvisto di collare rosa, quindi più strettamente imparentato con le forme asiatiche del genere, anche se si potrebbe dire sullo stesso del Rodriguez. La femmina era sprovvista del parziale colletto nero presente invece nel maschio, ma entrambi i sessi erano caratterizzati da code lunghe di un colore blu pallido oppure da un piumaggio color verde. Perlomeno sull’isola maggiore di Mahè era considerato come un animale nocivo cui venivano tese le trappole oppure veniva colpita vista per le devastazioni di cui era artefice nei campi di granoturco che sostenevano le piantagioni di cocco che si stavano diffondendo. Nel 1866 si il numero era già molto limitato quando Eduard Newton, il governatore britannico di Mauritius fu informato del suo viaggio attraverso le Seychelles che questo esemplare era stato sterminato. Verso la fine del suo viaggio egli comunque e del modo di vederne uno sulla piccola isola (21 kmq) di Silhouette, mentre volava guardingo lungo il bordo della foresta, vicino ai campi di granoturco. Gli fu detto inoltre che questo uccello un tempo abitò anche il isola Praslin. Quattro anni più tardi abbiamo testimonianza il vi fossero alcuni parrocchetti rimasti su Mahé, poiché alcune pelli furono mandati in Inghilterra (Cambridge); nel giugno del 1881 H. M. Warry raccolse due esemplari sull’isola. Questa è l’ultimo autentica testimonianza che abbiamo del Cateau Vert. 

Ara tricolor 

Tuttavia i pappagalli furono conosciuti in Europa molto prima di quelli importati dalle isole dell’oceano indiano. Perfino prima della fine del quindicesimo secolo essi rappresentavano il simbolo del nuovo mondo nei cortei trionfali di Cristoforo colombo e Spagna ed è da questo periodo che comincia il declino di pappagalli nelle Indie occidentali (Antille grandi e Antille piccole) e specialmente dei grossi e spettacolari ara. La vittima più certa fu l’Ara Macao Rossa di Cuba (Ara tricolor), non il più grosso della razza (solo 51 cm), ma di una bellezza sfarzosa con quella sua fronte rossa, dal cima del capo ed il collo gialli, le ali di un colore blu scuro e una coda lunga, di sopra blu e sotto rossa. Questi ara nidificavano in cavità e fenditure situate nelle palme e prediligevano quelle palme e gli alberi Melia in fiore per la loro dieta a base di frutta, segni, germogli e boccioli. L’ultimo uccello selvatico di cui sia testimonianza ucciso a La Vega nella palude di Zapata nel 1864, anche se vi fu un esemplare proveniente da un ozono di Parigi, probabilmente dal Jarden des Plantes, che si pensa visse più a lungo. J. Gundlach raccolse un numero di Ara cubani tra il 1850 e il 1860, e periodi in cui l’ultimo grande stormo regolarmente si recava a cibarsi in un piccolo gruppo di alberi a Zarabanda, sempre nella zona della palude di Zapata. Gundlach riferì che i cubani si cibavano regolarmente della carne degli ara (anche se egli la trovava disgustosa) di chi gli si abbattevano gli alberi dove questi nidi ficcavano con l’intento di catturarne alcuni esemplari indenni per venderli come animaletti da compagnia. (Questo rimane il metodo standard utilizzato in Sudamerica per la cattura e il mercato di questi animaletti). Questi sfruttamenti, insieme alla diffusione delle piantagioni, ammettendo che questi ara effettivamente che si fossero spinti al di fuori del terreno della palude, portarono in conclusione allo sterminio totale degli uccelli. Essi non erano i soli. 
Molte altre isole delle Indie orientali ospitavano ara che erano scomparsi al contatto con gli europei, a causa sia dell’espansione delle piantagioni che del mercato esotico. Ma solo l’Ara Macao Rosso di Cuba viene rappresentato tramite esemplari nelle collezioni moderne e una breve rivista e l’unica testimonianza dell’esistenza di altri membri della sua famiglia. Dalla testimonianza di Cristoforo e Ferdinando Colombo sappiamo che gli Indiani Caribi, essi stessi vittime dell’espansione europea, mangiavano ed addomesticavano ara i pappagalli nelle varie isole Antille. 

Un osso di zampa di uno di questi esemplari è stato trovato in un cumulo preistorico di ossa Caribico o “Arawak” a St Croix, St Vincent. Questo è stato chiamato Ara autocthenes di cui ovviamente non è stato possibile realizzare in questo volume neppure un’illustrazione indicativa. Altri esemplari non raffigurati, ma di cui si dispone di una più ampia documentazione, sono i parenti dell’Ara Macao Rosso (di Cuba) della Guadalupa e di Hispaniola, denominati dai Caribi “Guacamayo”, risalendo l’uccello cubano a 300 anni dopo. 
Nell’aprile del 1496 Ferdinando colombo riferì di aver visto “pappagalli rossi grandi come polli” a Guadalupa; de las Casas, nella sua storia delle Indie, distinse il Macao di Hispaniola da quello di Cuba per la sua fronte bianca anziché gialla. Oltre a ciò, possediamo una prova pittorica da parte di Roe-landt Savery (colui che ci fornì i riferimenti sul Dronte) del diciassettesimo secolo, che ci fornisce una descrizione di un ara che esattamente corrisponde questa descrizione. Non si sa se riconoscere oppure no altri due tipi di Ara Macao Rosso da queste testimonianze. 
 Ara gossei Inoltre non è impossibile che l’Ara Macao dalla testa gialla della Giamaica (Ara gossei), visto per l’ultima volta circa nelle 1765 a Lucea, vicino alla baia in Montego, fosse lo stesso esemplare di uno o entrambi quelli descritti sopra il corpo imbalsamato privo di zampa di questo esemplare fu osservato da un certo dottor Robinson, il quale ne diede descrizione sufficientemente dettagliata al naturalista Gosse da permetterci di illustrarlo con una certa sicurezza. 

Un alquanto più recente esemplare sopravvissuto fu visto dal reverendo Comard nelle 1842 nel distretto rurale di St James, vicino al cuore dell’isola. Egli osservò due grossi ara che volavano vicino ai piedi del monte egli fu riferito dai residenti che nella parte di sotto del loro corpo il piumaggio era di un vivo giallo e blu. Quasi certamente (anche se su questo argomento alcune fonti saranno poi discordanti) queste erano le stesse specie procurate nel 1810 nelle montagne di Trelawney e di St Anne, dal proprietario del podere Oxford, Mr. White. Una delle “conoscenze con mitologiche” di Gosse, Mr Hill, il quale credeva che questi ara svernassero in Giamaica dal Messico, lo descrisse in questo modo: “testa rossa, collo, spalle e parti inferiori del corpo di un verde chiaro e vivaci, con le più grandi penne e piume e le ali color blu. 
La coda e scarlatta e di più sulla superficie superiore, con le piume sia sotto l’accusa che sotto le ali di un colore arancio giallo intenso”. Questa descrizione è stata per noi è abbastanza dettagliata da potere raggiungere una ricostruzione approssimativa dell’Ara Macao verde e giallo (Ara erytrocephala).

 Ara atwoodi 

Includiamo inoltre un’illustrazione, realizzata con attenzione, dell’ara di Domenica, l’Ara atwoodi, descritto da Thomas Atwood nel suo rapporto sull’isola realizzato nel 1791. Stando alle sue parole “L’ara appartieni alla razza di pappagalli, mai più grandi del pappagallo comune ed emette un verso più sgradevole. Ve ne sono in gran quantità sull’isola insieme ai pappagalli: entrambi hanno un piumaggio di uno stupendo color verde echeggiarono, con una sostanza carnosa di color rosso che dalle orecchie raggiungere la radice del becco, il cui colore è simile alle piume principali della coda e delle ali”. La “gran quantità” di questi singolari pappagalli e di ovviamente una breve durata: non vi sono relazioni successive riguardo questi uccelli e non ne esistono e esemplari conosciuti. Ancora 11 dei gruppi di uccelli più sfruttati, gli ara, possono beneficiare enormemente della somma offerta con successo da parte dello IUCN per dare, nel 1981, protezione tutte le 380 specie di pappagalli meno tre. 
 Aratinga labati Spettacolari come furono gli ara, i loro piccoli parenti, i Conuri (Aratingae) e le Amazone si rivelarono altrettanto affascinanti per il mercato esotico che altrettanto squisiti in padella quanto indesiderati nelle piantagioni. 
Nonostante i Conuri siano oggi ancora presenti Cuba e in Giamaica e l’Aratinga chloroptera sopravviva senza difficoltà a Hispaniola, una sottospecie (A. c. maugeri) fu annientata a Portorico prima della fine del secolo scorso, 150 anni prima che il tipo della Guadalupa (A. labati) scomparisse. I Conuri sono pappagalli di piccola-media taglia (ali in circa 32 cm), dotati di lunghe code sfumate, cerchi intorno agli occhi privi di piume e di larghi e massicci vecchi. 
Noi conosciamo il tipo della Guadalupa, Aratinga labati dal Noveau Voyage di J.B. Labat del 1722, da e l’uccello prende il nome. 
Egli scrisse: “quelli della Guadalupa sono circa della grandezza di un merlo, completamente verdi, eccetto qualche piuma rossa piccola che hanno sul capo.” 
Precedentemente Du Tertre nella sua Histoire Generale… del 1667 aveva distinto i Conuri dagli Ara (Macao)e dai “perroquets” (Amazone) dicendo: “quelli che chiamiamo ‘Perriques’ sono i piccoli ‘Perroquets’, verdi in. Il corpo e della stessa grandezza di una gazza”. 
 Aratinga chloroptera maugei Una vittima più recente fu la piccola sottospecie del Conuro di Hispaniola, A. c. maugei, che viveva sull’isola di Mona, a metà strada tra Hispaniola e Portorico e, secondo la tradizione orale dei vecchi, anche Portorico stessa. Era un uccello verde più pigro della specie di Hispaniola, con più ampie marcature rosse nelle piume sotto l’ala e con un becco più scuro e piccolo. Questo Conuro fu raccolto da W. W Brown nelle 1892 per l’ultima volta, il suo numero fu infatti ridotto drasticamente durante il secolo scorso dai cacciatori di colombi. 
Questi pappagalli erano prettamente gregari, dal verso simile a uno stridio di ininterrotto mentre seguivano le loro regolari “traiettorie di volo”. All’interno di un gruppo, ogni con sia costituiva un’unità ben distinta e gli stormi si muovevano in modo veloce e diretto. Si nutrivano di semi, frutti, noci, bacche che probabilmente gemme foliari e fiori. 
Nonostante fossero uccelli usualmente diffidenti, lasciavano da parte ogni prudenza al momento di nutrirsi, ma dovendosi adattare a cibarsi nei campi di granoturco, la loro distruzione divenne più rapida. 
Erano soliti nidificare in alberi cavi, vecchie tane di picchi e con gli albori di formiche bianche. 
Secondo una delle ironie del mercato delle bestiole da compagnia, il loro habitat è stato ora assimilato dall’amazona di Hispaniola (Amazona ventralis), dopo che una partita di questi uccelli, a cui fu respinta l’entrata dalle autorità di Portorico, fu rilasciata in mare. 
I pappagalli del genere Amazona hanno subito gravi perdite e la maggior parte delle specie che sopravvivono sono rare o comunque in via di estinzione. Se caratterizzati dal Polo simile a quello di un’anatra, con un battito di ali basso, al di sotto della linea del corpo, questi grandi pappagalli variopinti, dotati di un forte pesante becco e coda corta e leggermente arrotondata, sono un genere raro. 
Essi sono tipici di un’antichissima branca di pappagalli e la loro connessione con altri generi e poco chiara. Jasmes Greenway scrive: “La cosa che maggiormente mi sorprende di loro e che questi uccelli così particolari, che vivono su piccole isole circondati da nemici, possono ancora esistere”. 
Tuttavia entrambe le Amazona della Guadalupa e di Martinica sono da tempo estinte e benché il tipo dominicano (lo spettacolare “sisserou”, A imperialis) fu salvaguardato fino al 1979 dalla natura montuosa delle foreste di quell’isola, tuttora non vi è testimonianza dell’effetto che il cataclisma provocato dall’uragano di quell’anno possa aver avuto su questo uccello. Ancora una volta dobbiamo ringraziare Du Tertre e Labat che con le loro osservazioni ci hanno fornito notizie su questi uccelli della Guadalupa, Amazona violacea. Du Tertre riportò che i colonizzatori francesi cacciavano le Amazone per cibarsene, come probabilmente facevano gli schiavi importati dall’Africa. La quasi totale distruzione delle foreste per lasciare spazio alle piantagioni che questa zona densamente popolata (nel 1900 vi erano 208 persone per chilometro quadrato) devono essere state le cause principali della loro sparizione. Inoltre, possiamo facilmente immaginare interesse che questi pappagalli debbono aver suscitato nei mercati dei prodotti esotici. Du Tertre ci descrive: “... circa della grandezza di una gallina. Hanno il becco e gli occhi cerchiati di rosso, mentre le penne del capo, del collo e della pancia sono viola mischiati di verde e nero ed iridescenti quanto quelle della culla di un colombo. La schiena è interamente di colore verde con una sfumatura di colore marrone spiccato. Le tre o quattro piume principali delle ali sono neri e le altre gialle, verdi e rossi. Sulla struttura principali delle ali vi sono due belle rose colorate allo stesso modo. 
Quando increspa le penne della schiena, forma una sorta di collare intorno alla sua testa”. Nel suo rapporto, Labat sottolinea che il colore base del Amazona della Guadalupa era grigio e non viola, ma è probabile che si fosse confuso con il tipo presente in Martini era, visto che li descrive identici. 
 Amazona martinicana Certamente su Martini era presente una specie di amazzone e si può affermare con quasi altrettanta sicurezza che questo uccello (Amazona martinica) cadde vittima delle stesse persecuzioni del suo affine. Come Guadalupa e, Martini era adatta alla coltivazione ed era quindi abbondantemente popolata e disgustata(nel 1900, 185 persone per metro quadro). 
Quella di Labat è l’unica descrizione dell’uccello che ci viene fornita, creando le basi per la nostra ricostruzione. 
 Il progresso dell’uomo impiegò più tempo a sbarazzarsi dell’Amazona dell’isola Culebra, (A. vittata gracileps). Fu vista per l’ultima volta da A. B. Baker il quale sparò altri di loro nel 1899. Era una specie più piccola e più agile del Amazona di Portorico (A. vittata) ed alcune fonti la considerano come una specie troppo poco differenziata per essere considerata come una sottospecie distinta. In ogni caso l’A. Vittata si trova oggi in pericolo di estinzione. Nel 1977 vi erano solo dai 15 ai 20 individui selvatici rimasti, tra i quali al massimo vi erano cinque coppie in riproduzione e 14 in gabbia. Il futuro della specie è ovviamente molto incerto. Le amazzone dell’isola Celebra avevano tipo di colorazione verde, prettamente gregari (eccetto vicino al nido dove esse erano “terribilmente territoriali”), seguivano regolari traiettorie di volo al mattino e alla sera ed evitavano le nuvole volteggiando intorno alle cime dei monti. La loro dieta comprendeva in origine almeno 50 diversi tipi di frutta ma specialmente le “Sierra Palms” (nella stagione degli accoppiamenti) e il “Tabunoco” (in autunno). Si nutrivano anche di mettere che una volta uno di questi uccelli fu visto uccidere una lucertola. 
Il successo che ebbero Le amazzone nel mercato delle bestiole domestiche fu probabilmente accresciuto dalla loro natura individualistica. Il loro richiami sono diversi complessi e persino all’interno di uno stormo ogni individuo possiede una propria “voce”. Possiamo solo sperare che discorsi delle autorità possono impedire queste voci di essere messe a tacere per sempre. 

Charmosyna diadema 

Dopo le Mascherene e le Antille, volgiamo la nostra attenzione inevitabilmente all’altro teatro di espansione europea, il Pacifico e gli Antipodi. Un’intera famiglia di pappagalli, i Lori e i Lorichetti, oggi è minacciata per tutto il Pacifico anche se finora solo una di queste forme è stata riportata come effettivamente estinte: il Lorrichetto della Nuova Caledonia (Charmosyna diadema). 
Questi piccoli (16-20 cm) ed eleganti uccelli che hanno subito gravi conseguenze dalla distruzione delle foreste, dalla caccia, dalle richieste di collezionisti e dalla moltitudine di animali introdotti; ma la più grave recente minaccia è giunta con l’introduzione del trasporto internazionale aereo verso le isole del Pacifico. A causa di questo intervento, sono state introdotte delle specie di zanzare portatrici della malaria aviaria. Il Lorichetto della Nuova Caledonia è conosciuto solo attraverso due esemplari femmine (18 cm) che furono raccolti prima del 1860, ma anche queste vecchie pelli conservano una bellezza sinistra. 
La femmine era gialle nelle guance e nella gola ed aveva la cima del capo di un colore blu violaceo e il becco di un colore arancio intenso. 
La parte principale del corpo era verde, ma le cosce erano sfumate di blu con macchie di colore rosso e nero vicino all’ano e alla coda. La coda, stretta e sfumata era essa stessa verde nella parte superiore e gialle in quella inferiore. Le zampe erano colore arancio. Era un gioiello fatto apposta per affascinare ogni appassionato collezionista. Sfortunatamente, le cose stanno sempre nello stesso modo delle autorità si sono mostrati contrariati dal fatto che i nativi della Nuova Caledonia si sono subito messi in guardia dopo le voci della riscoperta dei Lorichetti. Ad essi sono state offerte enormi somme da collezionisti per esemplari vivi o morti. 
Non vi è alcuna differenza per una popolazione di animali fra il catturare i esemplari vivi o morti. In entrambi i casi le coppie in riproduzione possono essere resi improduttivi e solo in mani esperte di uccelli possono riprodursi in cattività. Più spesso sono ottenute come questione della compagnia o in isolamento e veramente troppo spesso la capital quell’ultimo rappresentante di una specie memoria in una gabbietta, rimpianto da qualche famiglia umana come se si trattasse di un comune pappagallino o un pesce rosso. 

Nestor productus 

Simile fu il destino del Pappagallo dell’Isola di Norfolk, un grosso, bello e intelligente esemplari di Nestore, conosciuto da noi molto meglio nel ruolo di animale domestico che come creatura selvatica. Come la maggior parte degli uccelli di questa isola di detenuti, il Nestore venne liquidato in fretta dai nemici colonizzatori. John Gould, la nostra unica attendibile fonte di informazione, scrisse nel 1841: “i rifugi nativi di queste esemplari affascinanti hanno subito talmente tante intrusioni, insieme allo sterminio portato avanti contro di lui, che se non è già successo, non si dovrà attendere molto prima che …. come per il Dronte, non rimangano altro che pelle e ossa a testimoniare l’estate trascorsa esistenza. La sua ultima roccaforte fu costituita dall’isola di Phillip, 4,8 km dall’isola principale e solo 8 km di circonferenza. Il Nestore sembrava abitare le foreste, come suo parente molto più grande (45 cm) della Nuova Zelanda e sembra essersi cibato maggiormente di nettare dell’ibisco bianco o del tiglio americano. Gould esaminò la lingua di uno di questi uccellini e ne rilevò una “struttura molto peculiare”, infatti questa non terminava a spazzola come quella dei pacchetti che si nutrivano di nette, ma aveva una cavità indurita e stretta nella parte inferiore che, insieme alla punta della lingua, sembrava l’estremità di un dito dove l’unghia anziché sopra sta sotto.” Gli raccontarono di un animaletto da compagnia che aveva un debole per le foglie di lattuga comune e per gli altri teneri vegetali, goloso inoltre del succo di frutta e di panna. 
Il Nestore sul quale Gould fece le sue osservazioni era animaletto domestico del Maggiore Anderson e signora a Sidney, in Australia. Non è trattenuto in gabbia, ma gli era “ permesso di girovagare per tutta la casa, sui pavimenti, ma non procedeva con andatura dondolante e impacciata tipica del pappagallo, ma con una successione di balzi, precisamente alla maniera dei Corvidi. Gould fu affascinato dalla bestiola, notando il suo “verso disarmonico, Franco, simile al verso di un’anatra, avvolte simile al latrato di un cane” e trovò il suo comportamento e modi di muoversi talmente insoliti per un pappagallo da essere “convinto che essi fossero insoliti e non comuni anche allo stato selvatico”. Tuttavia ciò che egli fu in grado di scoprire su questi uccelli selvatici fu racimolato da alcuni racconti di Mrs Anderson la quale gli disse che sull’isola di Phillip questi uccelli frequentavano sia le rocce che le cime degli alberi, che nidificavano sia in buche che in alberi cavi e che deponevano fino a quattro uova. Gould dedusse che il Nestore “si adatta alla vita in cattività in modo eccellente, diventando in breve tempo un compagno gioioso, appagato il divertente”. 
Uno di questi uccelli, quasi certamente l’ultimo esemplare della sua razza, morì in una gabbia a Londra poco dopo il 1851. 
Cyanoramphus novazelandie subflavescens 

Fra tutte le famiglie di pappagalli, i Parrocchetti della specie Cyanoramphus rappresentavano gli esemplari maggiormente diffusi. Un tempo i loro ambiente naturale si trovava almeno 55° di longitudine i 30° di latitudine e comprendevano sei specie, una (nuovaezelandie) con nomi distinte e sottospecie. 
Questi uccelli di piccola-media taglia (circa 26 cm) erano tozzi dotati di lunghe code sfumate ed erano estremamente adattabili, solo quelli appartenenti alle isole più piccole si sono scomparsi, tuttavia siamo del tutto certi che alcuni di questi si siano estinti senza essere stati documentati. 
Le specie Cyanoramphi della Nuova Zelanda dimostrano l’adattabilità del genere,, che abitava le regioni più varie, come le riserve della foresta della stessa Nuova Zelanda e l’Isola di Macquarie molto più a sud, dove le tempeste avevano spazzato via ogni albero. Ma nonostante il Parrocchetto dell’Isola di Macquarie (C. n. erythrotis) riuscì ad adattarsi perfettamente ad un ambiente terrestre inospitale, non riuscì a sopravvivere all’avvento di cacciatori di foche e di pinguini o, piuttosto, ai gatti che questi lasciarono sull’isola. Nel 1821 spedizione russa sotto Bellinghausen giunse a Macquarie, raccolse 20 esemplari di questa parrocchetto ed ottenne un esemplare vivo da un cacciatore di foche per tre bottiglie di rum. Da quel momento nacque un vero e proprio mercato regolare i esemplari viventi che venivano venduti a Sidney come piacevoli uccelli legati. Nel 1880 J. H. Scott dell’Università di Otago si recò a Macquarie, scrisse di uccelli che n’edificavano nei cespugli di graminacee e disse che potevano essere visti “in gran quantità intorno alla spiaggia”. Ma solo 14 anni più tardi, A. Hamilton della stessa Università non fu più in grado di trovarne uno. Quasi certamente questi tenaci piccoli parrocchetti furono annientati dei gatti abbandonati, piuttosto che dal mercato degli animali domestici. 

Cyanorhamphus zelandicus 

Circa nello stesso periodo del Parrocchetto dalla fronte rossa dell’Isola di Lord Howe (C. n. subflavescens) giunse alla fine dei suoi giorni. Nonostante fosse sopravvissuto all’insediamento da parte degli europei per oltre cinquant’anni, era considerato da questi assolutamente una peste. Come il tipo presente sull’isola di Macquarie questo era relativamente grande (27 cm) inoltre si distingueva degli uccelli della Nuova Zelanda dalla testa di colore molto meno russo e da un piumaggio più generalmente giallo. 
L’ultima testimonianza di questo parrocchetto fu rilevata da E.S. Hill quando accompagnò un gruppo di giudici all’isola di Lord Howe nel 1869. 
Nei suoi appunti pubblicati l’anno seguente egli scrisse: “anche dei parrocchetti, che un tempo apparivano stormi, rappresentavano una seccatura per i coltivatori, ho visto solo una coppia solitaria mentre volava rapidamente il cielo Elio riconosciuti solo da loro rumore tipico.” Egli fu probabilmente l’ultimo uomo disarmato che li udì. 
Gli esemplari più isolati di questo genere furono scoperti nelle Isole della Società, 3200 km a nord-est della loro maggiore concentrazione in tutta Nuova Zelanda. Due specie, stranamente di colore scuro, abitavano Tahiti e Raiatea. Il parrocchetto nelle Isole della Società, di colore prevalentemente marrone scuro (C. ulietanus), è stato sorprendentemente ritrovato dopo più di 200 anni. Ponendo il caso che questo sia vero, è un dato incoraggiante scoprire quanto pezzo di regioni selvagge insieme a una sana dose di indifferenza da parte dell’uomo possono aver portato a termine questa conservazione.
 
Il Parrocchetto dalla fronte nera di Tahiti 

(Cyanoramphus zelandicus) erano principalmente verde come la maggior parte dei Cyanoramphi, con alcune tracce di blu in una striscia scarlatta dietro gli occhi, ma nera sorprendentemente diverso per il fatto che aveva la fronte nera. Probabilmente persino le prime forme raccolte nel 1773 furono giudicate straordinarie, quando due esemplari furono portati da Cook si dal suo secondo viaggio che probabilmente furono estinti poco dopo il 1844 quando un soldato francese, e Luogotenente de Marolles s’ha n’importò uno a Parigi. Gli abitanti lo chiamavano “Aa”, come fu notato da uno dei naturalisti di Cook, Parkinson. Oggi quel nome rappresenta l’unico ricordo che i tahitiani conservano del parrocchetto.

martedì 24 marzo 2020

CoronaVirus ed assistenza animali.

Per chi ha animali fuori dalla propria residenza, non vi sono problemi per gli spostamenti per accudirli.Non preoccupatevi. Andrà tutto bene.

Come fanno i pappagalli a riprodurre la voce umana?

Come fanno i pappagalli a riprodurre la voce umana?
Art. Marco Cotti. 

Complice il loro apparato respiratorio ed altre accortezze di madre natura.
Come riescono i pappagalli a riprodurre la voce umana? Sono molte le  caratteristiche anatomiche, come la conformazione del loro apparato  respiratorio. Non si tratta soltanto di questo, ma anche altri piccoli  accorgimenti studiati dall’evoluzione.
Nell’immaginario collettivo il pappagallo è quel volatile appollaiato  sulla spalla destra di un perfido pirata e si diverte a sbeffeggiare la  malcapitata vittima di una ruberia oppure come il dispettoso volatile chiuso in una gabbia di una vecchia bisbetica. Non  sono solo i pappagalli ad essere in grado di riprodurre ed imitare i  suoni o le nostre parole, un esempio sono i merli indiani.
Diciamo che non sanno tutti parlare, questi volatili imitano la voce umana aiutandosi con la propria grande intelligenza. Il loro apparato respiratorio è del tutto simile alla conformazione di quello umano, cosa che gli permette facilmente di “parlare”.
Possono inoltre fare dei vocalizzi. Per emettere questi suoni, si servono di un organo che si chiama siringe.  Esso è un organo che si è collocato all’estremità della trachea. Le  siringhe si muovono quando muovono il collo mentre nel contempo  modificano la curva della trachea. Muovendo il collo i pappagalli sono in grado di modulare l’intensità o la durata dei suoni, facendoceli sentire del tutto simili alla voce umana.
Il pappagallo più bravo ad imitare la nostra voce è il pappagallo cenerino il cui nome scientifico è Psittacus erithacus.  Si tratta di una specie originaria del continente africano, di medie  dimensioni. Si tratta di uno dei pappagalli più intelligenti, per cui  possiamo dire che parla, dato che è in grado di associare un significato  alle parole che ripete.

domenica 22 marzo 2020

penidiprimanecessità

Forse anche loro ne hanno bisogno?
In quarantena anche i maschietti sono affamati e piace... 


giovedì 19 marzo 2020

Dimensioni da...

Ma guarda é a conoscenza che il mio "coso" 😂😂😂 
è abbronzato e pure grosso..... 

 Sarà lui che fa i rigatoni dietro i cespugli in Lomellina?

mercoledì 18 marzo 2020

La morte di Sergej.

A prima vista sembrava una scena di quotidiana solitudine di un anziano ornitologo, appassionato di ogni scibile umano, plurilaureato alla Facoltà dei Quindici: una cena come tante, apparecchiata su un tavolo improvvisato su un asse di legno, rosicchiato dai suoi unici compagni di vita, un piatto di plastica, un bicchiere con una bevanda gassata, intrisa di coloranti sintetici. Ciò che tradiva la normalità di questo momento, era la postura dell'uomo:la testa era reclinata sul piatto, solo la nuca era visibile. Fronte, naso e bocca erano immersi in un liquido odoroso di vegetali di stagione, cotti e stracotti, quasi una poltiglia verdastra molto simile ad un passato vegetariano.
Ciò che aveva messo in allarme i vicini, erano state le risate quasi isteriche provenire dal buio appartamento, risate fragorose intervallate da un chiacchiericcio sommesso, che di ora in ora, andava crescendo. Una stranezza per quel che ne sapevano i condomini. Quell'uomo viveva solo, con un cane e qualche uccello tropicale che manteneva grazie a degli sponsor che si servivano del suo Grande Sapere per promuovere i loro prodotti.
Sergej, così si chiamava l'ometto, non aveva contatti diretti con nessuno, ad eccezione di qualche corriere, per il resto passava le sue giornate collegato ad un pc, leggendo, studiando e producendo materiale scientifico e fantascientifico. Quando l'ispettore di polizia Patty era entrata nell'appartamento, aveva ritenuto indispensabile sigillare la cucina, perché fin da subito aveva capito che non si trattava di un semplice malore, ma dagli indizi era evidente che in quella cucina si era consumato un delitto.
I pappagalli erano sulle loro rispettive gabbie, con un'espressione che si sarebbe potuta definire quasi di sollievo, come una sorta di liberazione. Stessa cosa, si poteva dire del cane, tranquillamente adagiato a sonnecchiare su un tappetino in camera da letto. Tutti gli animali avevano colori brillanti che andavano dal giallo al blu, con note di bianco e grigio.Si poteva dire che tutti i colori dello spettro fossero presenti nelle loro penne, ma la cosa che colpì l'investigatore Patty, era quell'unica penna, rosso fuoco, entrata chissà da dove... Ma sicuramente non presente nell'intricato piumaggio degli uccelli presenti. La sua lunghezza, la sua forma allungata e la tonalità facevano pensare che poteva appartenere ad un animale di grossa taglia.
E da lì che Patty, la blonde come era conosciuta, aveva iniziato ad indagare.
Perché è chi avrebbe voluto eliminare un così gentil ometto? Uno studioso così dedito al suo lavoro? E qual era il movente? Soldi? Gelosia? Affari loschi? Sembrava davvero un fatto intricato per quel quartiere sempre così tranquillo.
Per rispondere a tutte queste domande era necessario prendere in esame lo strumento di lavoro del povero Sergej:il suo prezioso pc.
Lo screensaver offriva una foto di una scritta quasi incomprensibile, lettere messe alla rinfusa:?URIKEVOD... URIKEVOD...
Lettere lampeggianti, colorate, che sobbalzavano sullo schermo senza tregua.
Dall'anisi dei contenuti delle cartelle, queste lettere erano ripetute ossessivamente in ogni documento.
Cosa mai potevano nascondere? Quale segreto custodiva il vecchio Sergej? Ma soprattutto chi voleva la sua dipartita?
Sentiti un po'di vicini di casa, qualche sparuto parente alla lontana, l'investigatore Patty, con l'aiuto di un tecnico informatico era riuscita a trovare un indizio interessante. Tra le cartelle del pc, una conteneva una storia interessante. Qualche anno prima, in una afosa estate, una distinta signora di mezza età aveva suonato alla porta di Sergej, accompagnata da un'altrettanto signora ben agghindata, dall'aspetto quasi nobile, che teneva in mano alcuni libri. Pare che le due Signore fossero quasi sconvolte, e continuavano a singhiozzare una cantilena che ricordava un motivetto anni 70.Dagli scritti rinvenuti, Patty capì che le due Signore stavano cercando un pappagallo scomparso, rapito e nascosto da un losco figuro: un aitante signore di mezza età che viveva in una landa deserta, circondato da donzelle fedeli e servili che lo proteggevano da ogni attacco. Non fu semplice trovare l'indiziato numero uno, perché il suo alone di mistero che lo circondava, rendeva quasi impossibile capire dove iniziare a cercarlo. Ma l'investigatrice Patty, con il suo intuito, era riuscita a trovarlo. Convocato in commissariato, l'indiziato rivelò una storia che aveva quasi dell'incredibile se non fosse stato per le prove che aveva portato con sé.
Raccontò tutto d'un fiato che il noto ornitologo l'avrebbe perseguitato per anni, perché lui custodiva un segreto: sapeva sussurrare ai tropicali pennuti, ma soprattutto aveva imparato ad interpretare il loro linguaggio, cosa che l'anziano Sergej non era ancora riuscito a fare.
Lo studioso aveva provato ad irretirlo, offrendogli soldi, favori, ma ad ogni diniego si era sempre più accanito fino a perseguitarlo anche con minacce.
L'investigatore Patty chiese allora all'uomo, se sapeva chi fossero le due Signore distinte, se per caso ne conoscesse il passato. Dal suo racconto si scoprì che una era stata a suo dire una figura di spicco dell'alta Finanza, mentre l'altra era una studiosa di abitudini pappagallesche con un passato poco chiaro. Le due, sotto mentite spoglie, si erano presentate nel suo territorio e si erano fatte largo tra le sue abitudini, convincendolo ad unirsi a loro. 
L'uomo aveva ceduto al loro fascino, lasciandosi coinvolgere nei loro progetti. 
Le due donne si erano così fatte strada nei suoi favori che erano riuscite a farsi "prestare" un esemplare prezioso: un pappagallo color rubino,quello da cui erano partiti i suoi studi. 
A causa però di contrasti e litigi, il baffuto signore aveva chiesto la restituzione del prezioso animale. Ma le due Signore, incattivite dal presunto sgarbo, avevano cercato di annientarlo, ricorrendo a magheggi di ogni genere diffondendo pratiche nuove per comunicare con gli uccelli, cuocevano minestroni e zuppe di ogni genere per rendere più loquaci i pennuti. 
Non riuscendo però da sole nel loro losco intento e scoperte nei loro panni fasulli, erano corse dallo studioso Sergej per avere un appoggio. 
L'ometto aveva visto una nuova opportunità di rivincita. Aveva ceduto subito alle lusinghe delle due venditrici di frottole e si era messo all'opera. 
Patty faceva davvero fatica a credere a tutta questa messinscena, ad un certo punto iniziò a dubitare di tutti e tutti le parvero colpevoli. Ascoltò anche le Donzelle che accompagnavano il baffuto signore, e anche loro confermarono i fatti. Ma anche al termine di quell'interrogatorio tutto era sempre più confuso. 
Eppure una cosa era certa: a casa di Sergej si nascondeva la prova del delitto. La penna poteva essere la carta vincente, l'indizio principale, la prova che il colpevole era stato lì. 
Ma di chi era quella penna? Del pappagallo color rubino? E dov'era ora? 
Forse era proprio per dare una risposta a queste domande, Sergej era affogato nel minestrone?... MINESTRONE... Chissà perché quella parola, accendeva nell'investigatore una lampadina?
Ma certo... Adesso tutto era chiaro: le due Signore, amanti del minestrone, avevano usato il povero Sergej fino alla fine, lo avevano convinto ad attaccare in ogni modo colui che sussurrava ai pappagalli, cercando di distruggere i suoi progetti, minando la sua credibilità, ma quando si accorsero che tutto ciò era non portava ad alcun risultato, per paura di essere smascherate, avevano affogato il loro beniamino nel loro famoso intruglio salva pappagalli, e per far ricadere la colpa sul loro obiettivo, avevano lasciato sulla scena del crimine una lunga piuma rossa.... La penna del pappagallo rubino... URIKEVOD. 
(allo specchio il nome del pappagallo rubino rivelerà un altro mistero... Ancora per molti insoluto)

ghost writer. 

sabato 14 marzo 2020

falso allarme

Il nano non è stato bloccato... Hanno bloccato il vecchiopelato e lo obbligano a scrivere con il profilo della moglie mangiatrice di melangole.

venerdì 13 marzo 2020

L'esperta informa...

Il Sergio scrive...

L'esperta "golaprofonda" risponde... 
Chissà magari lei caccia e prende... 
il marito guarda e... 


lunedì 9 marzo 2020

Accattone...

Sei pure fortunato fare l'accattone ti viene bene, tra chi ti acquista il pc, chi ti mendica qualche sacco di estrusi, chi ti fa qualche donazione e la Caritas i due pasti assicurati tiri a fine anno. 
Tanta energia sprecata per "una ameba". 


Quindi io avrei copiato da Fantoni i libretti, e Fantoni ha depositato il copyright?
Libretti sanitari per cani, gatti, furetti, cavalli sono tutti similari tutti copiati?
Dai "vecchio" aria vah.. 
Bisogna ammettere che io... "noi"... I nostri sono più fighi quindi anche avessimo copiato li abbiamo migliorati. 
Vedi qua... 

domenica 8 marzo 2020

Tutto vero?... MA NOhhh

Peccato che Rio sia stato messo in volo dal sottoscritto e che Kira abbia iniziato il percorso con il sottoscritto il 12 novembre 2019 e fosse pronta volare free già a fine gennaio.

Uomini si nasce non si diventa. 

Le cose bisogna raccontarle per ciò che sono e ovviamente tutto il percorso è dimostrabile.

mercoledì 4 marzo 2020

LA VISIONE UV AVIARIA INCREMENTA I CONTRASTI DELLA SUPERFICIE    FOGLIARE NELLE FORESTE

art. originale:
  https://www.nature.com/articles/s41467-018-08142-5??utm_medium=affiliate&utm_source=commission_junction&utm_campaign=3_nsn6445_deeplink_PID7596328&utm_content=deeplink

Traduzione : Aurora  R.

SOMMARIO
La visione UV è comune, tuttavia poco si conosce riguardo alla sua utilità in impieghi generali e comuni, come la risoluzione della struttura degli ambienti. Qui è possibile osservare ambienti con vegetazione usando una fotocamera multispettrale con canali che simulano la sensibilità fotorecettrice attraverso lo spettro UV visibile. Si può comprendere che il contrasto tra le superfici superiori e inferiori di una foglia è più alto in un canale UV rispetto a un qualsiasi canale visibile, e che questo fa sì che la posizione e l'orientamento della foglia risaltino chiaramente. Questa conclusione era alquanto inaspettata dal momento che entrambe le superfici della foglia riflettono similmente piccole proporzioni (1-2%) di luce UV incidente. Il forte contrasto UV può essere spiegato considerando che la luce di downwelling è più accesa di quella di upwelling, e che le foglie trasmettono < 0,06% di luce UV incidente. Le riflessioni speculari del cielo e della canopia soprastante dalla cuticola fogliare spesso fanno sembrare piccole delle riflessioni estese. Le riflessioni speculari cambiano il colore della foglia, tanto che il massimo contrasto fogliare è visibile a lunghezze d'onda UV brevi nelle canopie aperte, e ad ampie lunghezze d'onda nelle canopie chiuse.
INTRODUZIONE
Molti animali in grado di vedere i colori possiedono la capacità di vedere i raggi UV. Tuttavia l'intera gamma di mansioni a cui la visione UV potrebbe essere applicata rimane scarsamente esplorata a causa della difficoltà di fare previsioni su una gamma di lunghezza d'onda che non possiamo vedere. La maggior parte delle informazioni riguardanti l'utilità della visione UV è stata ricavata grazie a indagini mirate e specifiche per specie riguardo ai segnali inviati dai colori degli animali e dei fiori, e a deduzioni sul contrasto figura-sfondo che deve essere evidente per gli oggetti visti contro la luce del sole o in acque poco profonde. E' risaputo anche che il cielo è un potente emettitore di luce polarizzata e, che gli animali che usano schemi di polarizzazione basati sulla luce del cielo per lo spostamento, generalmente possiedono fotorecettori sensibili alla polarizzazione che raggiungono l'apice negli UV o nel blu. Al contrario, si sa poco dell'utilità della visione UV per visualizzare contrasti tra comuni oggetti terrestri incontrati dalla maggior parte degli animali che si trovano a terra nelle loro attività giornaliere. Un motivo per cui manca tale conoscenza è che è difficile prevedere quali confronti di oggetti possano generare alti contrasti UV, quando tutti gli oggetti in questione (ad es. foglie, tronchi, lettiera, rocce, ecc.) sono già noti per la riflessione della luce UV.
Per aggirare queste barriere e formulare ipotesi, si è fatto uso di una tecnologia sottoutilizzata nel campo dell'imaging visuale ecologico e multispettrale. Sono stati perfezionati canali di fotocamere, che imitavano la sensibilità spettrale degli animali, che hanno consentito di visualizzare i dati grezzi raccolti da fotorecettori. Questa tecnica ha compensato la nostra stessa incapacità di vedere gli UV e ha permesso di valutare quantitativamente il relativo beneficio di canali di fotorecettori differentemente sintonizzati attraverso lo specchio dell'UV visibile. Ha inoltre permesso di osservare ambienti quali si presentano, in situ, senza alterare la naturale geometria della luce.
E' stata adottata la visione tetracromatica aviaria come sistema di riferimento. La visione degli uccelli è un eccellente sistema di riferimento per numerose ragioni. Primo, gli uccelli che cercano cibo a terra impiegano molto del loro tempo a volare e/o a saltare attraverso la vegetazione, e molti cercano specifiche superfici fogliari per cacciare. Gli uccelli campionano l'intero spettro UV visibile, dall'UV al rosso, caratteristica che li rende un ottimo sistema per paragonare un canale UV all'intera gamma di canali visibili. In aggiunta, le sensibilità relative allo spettro del cono UV degli uccelli variano, particolare che ha reso possibile verificare se il tipo di ambiente possa condurre al perfezionamento delle sensibilità dello spettro UV negli uccelli e negli altri animali.
Si è compreso che l'ottica delle foglie e la geometria della luce dell'ambiente interagiscono per rendere la visione UV particolarmente adattabile a visualizzare i contrasti della superficie fogliare. Un canale UV dovrebbe perciò facilitare lo spostamento attraverso complessi ambienti ricchi di vegetazione, così come la localizzazione di particolari superfici fogliari per vari impieghi, inclusi la ricerca della preda, l'ovideposizione e la ricerca di rifugi. Usando il modellismo ottico, si può dimostrare che le riflessioni speculari nei differenti ambienti rivestono un ruolo sottovalutato nel creare l'apparente colore delle foglie e, in cambio, i contrasti della superficie fogliare. Per visualizzare i contrasti della superficie fogliare, le canopie chiuse favoriscono i fotorecettori di raggi UV a lunghezza d'onda maggiore. Questo risultato potrebbe avere delle implicazioni per la messa a punto di fotorecettori animali.
RISULTATI E DISCUSSIONE
E' stata utilizzata una fotocamera multispettrale di visione aviaria per visualizzare i contrasti attraverso il canale, paragonando due comuni varianti di coni UV (U e V, spesso indicati in letteratura con UVS e VS) a due comuni varianti di coni UV di S (blu) e M (verde) e di coni L (rosso) (Fig.1). Sono anche stati paragonati i due coni UV tra di loro. Ogni variante di cono UV è tipicamente accompagnata da una specifica variante di cono blu, così sono state confrontate anche le due varianti di cono blu tra di loro. Nello specifico, sono state cercate fonti di alto contrasto UV in ambienti ricchi di vegetazione che sono mancanti o più carenti in altri canali di colori, verificando come il contrasto UV contribuisca al contrasto di colore in sistemi visuali tetra, tri e dicromatici, e verificando se il tipo di ambiente influenzi la sintonia spettrale ottimale degli UV e delle sensibilità spettrali del fotorecettore blu.
Fig. 1




Le sensibilità spettrali dei coni aviari e dei canali della fotocamera multispettrale.
Le linee continue mostrano le sensibilità spettrali dei coni aviari e le linee tratteggiate mostrano i canali della fotocamera multispettrale. La maggior parte degli uccelli che cerca il cibo a terra è tetracromatica, con i coni L,M e sia S(U) sia U o S(V) e V. L,M, S, V e U indicano rispettivamente le lunghezze d'onda Lunga, Media, Corta, Violetta e Ultravioletta.

Le immagini sono stata divise in tre tipi di ambienti- (1) pascoli e porzioni della foresta dominati da vegetazione decidua nella Scania e in Svizzera, (2) foreste vergini di sclerofillo con un sottobosco di arbusti tipici della foresta pluviale ombreggiati da un'alta e aperta canopia di eucalipto nel Queensland, Australia, e (3) foreste pluviali tropicali e subtropicali vergini nel Queensland, Australia. Questi tre ambienti rappresentano una progressione dagli ambienti aperti e scarsamente ricoperti di vegetazione, agli ambienti chiusi e densamente ricoperti di vegetazione.
E' stata trovata un'evidente fonte di contrasto UV che mancava o era più carente nei canali dei coni visibili- il contrasto tra le superfici fogliari superiori e inferiori (d'ora in poi contrasto fogliare; calcolato come contrasto di Michelson). (Fig. 2,4,5 a, tabella 1).
Le superfici fogliari inferiori risultavano scure sotto gli UV, con le loro sagome che intensificavano la visibilità delle foglie e del perimetro delle foglie, e la geometria della struttura della vegetazione. Questo dettaglio strutturale, intensificato, potrebbe aumentare l'efficienza negli spostamenti in ambienti ricchi di vegetazione e nel localizzare particolari superfici fogliari per il nascondiglio, l'ovideposizione e la ricerca delle prede.

Fig.2

Esempi di immagini che mostrano la differenza nel contrasto fogliare visto da coni UV e verdi negli ambienti decidui nel sud della Svezia. Per ciascuna delle tre visuali, le due immagini in alto mostrano la stessa scena vista da canali fotorecettori UV e verdi. La variante di cono UV che ha visto il contrasto più alto è quella mostrata. Le due immagini in basso sono immagini RGB con colori falsati con tre dei quattro canali di coni aviari collegati ai canali R (rosso), G (verde) e B (blu) di uno schermo digitale. Per esempio, RGB=UMS denota che il cono U è mostrato dal canale rosso di uno schermo RGB, che il cono M da un canale verde, e il cono S da un canale blu. Si noti che la fila superiore di immagini RGB contiene un canale UV mentre quella inferiore no. Per fini di dimostrazione, i valori dei pixel dalle immagini originali sono stati (1) normalizzate dal valore di pixel medio in ogni immagine, (2) aggiustate per riempire la gamma dinamica di uno schermo digitale sRGB, e (3) aggiustate per disfare la portata di gamma sRGB della maggior parte degli schermi digitali. Ciò significa che, vista su uno schermo calibrato di sRGB, attraverso ciascun canale, l'intensità dei pixel ridimensiona linearmente l'output di un cono. Se un pixel è stato sovraesposto o sottoesposto in qualsiasi canale, il pixel corrispondente in tutti i canali è stato messo in bianco (per sovraesposto) o nero (per sottoesposto), ed escluso dai calcoli. Si noti che le immagini in colori falsati non possono replicare cosa gli animali vedano veramente, ma forniscono la migliore approssimazione a disposizione.
Fig. 3


Immagini esemplificative che mostrano la differenza nel contrasto fogliare visto dai coni UV e verdi negli ambienti umidi e sclerofilli nel Queensland, Australia. Vedi la Fig. 2 per maggiori dettagli.
Fig. 4

Immagini esemplificative che mostrano la differenza nel contrasto fogliare visto dai coni UV e verdi in ambienti di foresta pluviale nel Queensland, Australia. Vedi la Fig. 2 per maggiori dettagli.
Fig. 5

Il vantaggio della visione UV per visualizzare i contrasti fogliari acromatici e a colori. I grafici mostrano lo scarto interquartile mediano (IQR), e i dati più bassi e più alti, entro 1,5 IQR, sotto e sopra l'IQR (i valori anomali non sono mostrati). I contrasti acromatici di Michelson visti da diversi canali di coni in ambienti differenti. In ogni ambiente, i coni UV hanno avuto un contrasto fogliare più alto che altri canali di coni a P<0,0001. I contrasti a colori in unità di differenze appena avvertibili (JNDs) visti da un LMSU tetracromatico e tutte le combinazioni tricromatiche e dicromatiche possibili di fotorecettori aviari, ancora separati per ambiente. Per rendere i risultati il più generali possibile per il regno animale, si è supposto che tutte le composizioni di fotorecettori avessero lo stesso numero di ogni classe di fotorecettori in unità integrativa. In ogni ambiente, trasformare un tricromatico nella gamma visibile (LMS) in un tetracromatico con un cono UV (LMSU) ha reso evidente il contrasto di colori a P<0,0001. Tutte le composizioni del cono che contengono sia un cono U che M (evidenziate in arancione) hanno avuto un contrasto fogliare più alto di ogni altra composizione con lo stesso numero di coni a P<0,0001. Tutti i valori P derivano da test del segno a due lati, per esempio “signtest” in MATLAB. I dettagli dei test statistici possono essere trovati nella Tabella 1.
Dettagli della Tabella 1 dei test del segno usati per analizzare i dati nella Fig. 5


La statistica dei segni indica il numero di volte in cui la differenza nel contrasto fogliare visto da differenti canali o combinazioni di canali (mostrati nella colonna delle ipotesi nulle testate) era maggiore di zero.
Il canale verde è stato sorprendentemente inutile per visualizzare il contrasto fogliare (Fig. 2-4, 5 a, Tabella 1). Questo mette in dubbio l'intuizione che, poiché le foglie sono verdi, un canale verde dovrebbe essere il migliore per risolvere la struttura della vegetazione. L'impressionante differenza tra i canali verdi e UV può essere spiegata dal fatto che le foglie trasmettono e riflettono simili quantità di luce verde (e rossa e, in estensione minore, blu), ma riflettono molta più luce UV di quella che trasmettono. In natura, l'illuminazione downwelling è molto più chiara dell'illuminazione upwelling, che si traduce in più luce che è disponibile a riflettere dalle superfici superiori della foglia rispetto che da quelle inferiori. Questi fattori si combinano per fare sì che le superfici fogliari inferiori irradino simili quantità di verde, ma quantità di luce UV molto differenti.
In modo più specifico, nelle misurazioni della riflessione e trasmissione della superficie fogliare superiore in un intervallo di 300-500 nm (vedi Metodi), le foglie riflettono in maniera diffusa >25 volte la quantità di luce UV (300-400 nm) che trasmettono, ma riflettono soltanto 1,5 volte la quantità di luce blu (400-500 nm) che trasmettono. Indagini precedenti mostrano che le foglie riflettono e trasmettono simili quantità di luce verde (500-600 nm) e rossa (600-700), con la riflessione che varia la trasmissione da ~0,7 a 1,3 volte.
Oltre a evidenziare il contrasto nel canale, è risaputo che in ogni ambiente, trasformare un tricromatico nell'intervallo visibile (LMS) aggiungendo un canale UV per renderlo un tetracromatico (LMSU) rende evidente il contrasto dei colori della foglia. (Fig. 5b, Tabella 1).
Ciò non sorprende, poiché aggiungere un canale colorato genera una nuova dimensione con la quale il colore può variare. Se si suppone nessun costo in termini di rumore aggiuntivo nei canali colorati preesistenti, un canale colorato aggiuntivo evidenzierà sempre il contrasto di colori se gli oggetti messi a confronto stimolano il nuovo canale anche solo con quantità leggermente differenti.

Ciò che risulta maggiormente interessante è che tutti i tricromatici e dicromatici teorici, che avevano sia fotorecettori UV che M, hanno visto un contrasto fogliare di colori più alto di qualsiasi altra composizione fotorecettrice che aveva lo stesso numero di canali fotorecettrici (Fig. 5b, Tabella 1).
La maggior parte dei vertebrati terrestri e degli invertebrati tricromatici e dicromatici hanno fotorecettori con picchi nelle stesse porzioni dello spettro dei coni aviari UV e M. Persino tra i mammiferi, si è recentemente scoperto che la sensibilità per gli UV è relativamente comune, con molte specie conosciute, o predette tali dalle sequenze di opsina, tali da avere picchi di coni UV, e con molte conosciute tali da avere lenti trasparenti alle lunghezze d'onda UV, che rendono possibile che anche i picchi dei coni blu (~400-450 nm) siano stimolati dalle lunghezze d'onda UV. Questa ricerca fornisce una ragione possibile per cui il contrasto UV è una sorgente di contrasto altamente campionata nel regno animale.

Sono stati inoltre eseguiti test sull'effetto del tipo di ambiente in una sintonia spettrale ottima dei coni UV e S. Il cono V era avvantaggiato a visualizzare i contrasti acromatici fogliari nella foresta pluviale e negli ambienti di sclerofillo e umidi, mentre il cono S(U) era avvantaggiato a visualizzare il contrasto acromatico fogliare in tutti gli ambienti (Fig. 6, Tabella 1). In tutti i tetracromatici LMSV, se si scambia il cono V con un cono U, o un cono S(V) con un cono S(U), uno alla volta, l'effetto nel contrasto di colori è molto simile all'effetto del contrasto acromatico nel canale. Tuttavia, poiché le varianti di coni U e S che si verificano non hanno gli stessi effetti direzionali nel contrasto nel canale, il loro effetto combinato nel contrasto di colori riflette un terreno intermedio tra i loro effetti individuali. Il risultato finale è che un sistema tetracromatico LMSU (con canali S(U) e U) era avvantaggiato a visualizzare contrasti di colori fogliari negli ambienti decidui e di sclerofillo e umidi.
Fig. 6


I dati della fotocamera multispettrale mostrano che la sintonia spettrale ottimale dei fotorecettori UV per visualizzare i contrasti fogliari dipende dal tipo di ambiente. Ognuno dei pannelli sulla sinistra mostra la distribuzione della differenza del contrasto fogliare nel canale visto da due varianti di coni UV in un ambiente differente. I pannelli al centro mostrano gli stessi tipi di
distribuzione per due varianti di coni S. I pannelli sulla destra mostrano gli stessi tipi di distribuzione per contrasti di colori visti da tetracromatici LMSV e LMSU. La linea nera verticale e spessa a x=0 indica il punto in cui le due varianti vedono un contrasto uguale. Il cono V è avvantaggiato a visualizzare i contrasti fogliari acromatici nella foresta pluviale (P<0,0001) e sclerofillo e umido (P=0,004), e il cono S(U) è avvantaggiato a visualizzare contrasti fogliari acromatici in tutti gli ambienti (P<0,0001). Un sistema tetracromatico LMSU è avvantaggiato a visualizzare il contrasto fogliare di colori negli ambienti decidui (P<0,0001) e di sclerofillo e umidi (P<0,0001). In questa figura sono state utilizzate le abbondanze relative di fotorecettori di uccelli che cercano il cibo a terra tali che il rapporto di coni L:M:S:U in un'unità integrativa è uguale a 3:2,5:1,7:1.
Il fatto che il cono S(U) veda quasi sempre un contrasto fogliare più alto del cono S(V), indipendentemente dall'ambiente, suggerisce che qualsiasi sintonia spettrale del cono S è probabilmente diretta da un'altra forza evolutiva estranea alla percezione del contrasto fogliare. D'altro canto, il fatto che le diverse varianti di cono UV vedano un contrasto fogliare massimo in diversi ambienti potrebbe spiegare, in parte, perché gli uccelli hanno ripetutamente fatto avanti e indietro tra due varianti di coni UV diversamente sintonizzate nella loro storia evolutiva, e potrebbe anche aiutare a spiegare la variazione nella sensibilità UV in altri gruppi di animali.
Per convalidare matematicamente l'effetto dell'ambiente e svelare la fisica dietro di esso è stato sviluppato un modello ottico per predire e paragonare i contrasti fogliari come visti dai coni V e U in diversi ambienti. Sono state misurate le proprietà spettrali delle foglie decidue e della foresta pluviale, e testati entrambi i tipi di foglie nel modello. Il modello è stato progettato per essere resistente al cambiamento dell'ambiente e programmato a ripetere i suoi calcoli 10000 volte, ogni volta randomizzando fino a 12 parametri di diversi ambienti (per la lista dei parametri, vedi Metodi: Calcoli del Modello Ottico). La distribuzione della differenza nel contrasto visto da coni V e U attraverso le 10000 ripetizioni del modello potrebbe poi essere rappresentata in un istogramma. Mettendo a confronto gli istogrammi generati dalle diverse combinazioni dei parametri, è stato possibile convalidare l'effetto dell'ambiente osservato nei dati multispettrali. Una volta convalidato, è stato rappresentato lo spettro generato durante i passaggi intermedi del modello per comprendere i meccanismi ottici dietro l'effetto. In ognuna delle piste dei modelli descritte sotto, si ritiene che tutti e 12 i parametri siano stati randomizzati, a meno che altrimenti specificati.
Quando il modello ottico includeva riflessioni profuse e trasmittanza soltanto, è stato impossibile mostrare qualsiasi condizione sotto la quale il cono V avrebbe visto un contrasto fogliare più alto del cono U (Fig. 7a, primo pannello). Per aumentare il realismo del modello, sono state introdotte riflessioni speculari di sorgenti luminose estese. Tali riflessioni infondono un colore uniforme sugli oggetti lisci e non dovrebbero essere confuse con i piccoli punti luminosi come quelli della luce solare direttamente riflessa (una sorgente puntiforme). L'identità della sorgente luminosa che è riflessa specularmente (d'ora in poi, sorgente luminosa speculare) potrebbe essere luce che si irradia dal cielo, dalle nuvole, dalla canopia o lettiera.
Fig. 7

Il modello ottico convalida l'effetto dell'ambiente osservato nei dati mutispettrali e rivela il meccanismo dietro di esso. Primo Pannello: quando solo la riflessione diffusa e trasmittanza erano modellate, il cono U ha sempre visto un contrasto fogliare più alto, indipendentemente dal fatto che venissero usati spettri di foglie decidue o della foresta pluviale. Secondo pannello: quando le riflessioni speculari erano aggiunte al modello, il cono V a volte ha visto un contrasto fogliare più alto, ma non c'era alcuna separazione netta tra i tipi di foglie decidue e della foresta pluviale. Terzo pannello: illustrando le foglie illuminate da diverse sorgenti luminose speculari si è scoperto che il cono V ha visto un contrasto fogliare più alto solo quando le foglie sovrastanti erano la sorgente luminosa speculare. Quarto pannello: mettendo a confronto gli ambienti con diverse quantità di canopia sovrastante, è stata dimostrata una netta separazione tra ambienti aperti e chiusi, con il cono V che vedeva un contrasto fogliare più alto in ambienti chiusi (<80% copertura di canopia) e con il cono U che vedeva un contrasto fogliare più alto in ambienti aperti (<80& copertura di canopia). Si deduce che le differenze viste tra gli ambienti erano dovute alle differenze nell'apertura degli ambienti e non dalle proprietà ottiche delle foglie. Gli spettri di radianza mediana delle superfici fogliari modellate con e senza riflessioni speculari quando la sorgente luminosa speculare erano le foglie sovrastanti. Il tipo di foglia (deciduo o della foresta pluviale) era randomizzato. Qui, si può notare che le riflessioni speculari dalla superficie superiore della foglia cambiano la forma spettrale della riflettanza della superficie fogliare superiore più che della riflettanza della superficie fogliare inferiore, e che questa differenza è più pronunciata in ambienti chiusi. Il risultato di ciò in termini di contrasto acromatico mediano attraverso lo spettro blu UV può essere visto nei due pannelli in basso. In ambienti chiusi (pannello in basso a destra), la riflessione speculare cambia la luminosità della superficie fogliare superiore tanto che il contrasto diventa più alto ad alte lunghezze d'onda. Si noti che tutti i parametri degli ambienti che non vengono menzionati nella figura sono stati randomizzati in ogni 10000 ripetizioni del modello.
Dopo aver aggiunto riflessioni speculari da entrambe le superfici superiori e inferiori delle foglie, il modello ottico ha mostrato che il cono V a volte ha visto un contrasto fogliare più alto del cono U (Fig. 7 a, secondo pannello). Tuttavia, non è stata notata nessuna differenza nella tendenza centrale dei contrasti fogliari modellati con le foglie decidue e della foresta pluviale. Confrontando il contrasto fogliare per le foglie illuminate da diverse sorgenti luminose speculari, si è notato che il cono V ha visto un contrasto fogliare più alto dell cono U solo quando la sorgente luminosa speculare giungeva da foglie sovrastanti. (Fig. 7 a, terzo pannello). Poiché gli ambienti di foresta pluviale campionati erano molto più densi di quelli decidui, si suppone che la differenza nella sintonia spettrale ottimale tra gli ambienti potrebbe derivare dalle differenze nella probabilità delle foglie sovrastanti di essere la sorgente luminosa speculare. Perciò è stato testato un effetto di copertura di canopia nel modello ottico. Quando la canopia era >80% chiusa, era più probabile che il cono V vedesse contrasti fogliari più alti che il cono U (Fig 7 a, quarto pannello). Al contrario, quando la canopia era <80% chiusa, era più probabile che il cono U vedesse un contrasto fogliare più alto del cono V. Questo suggerisce che la copertura di canopia giochi un ruolo fondamentale nelle differenze nella sintonia spettrale ottimale osservata negli ambienti.
Per comprendere meglio come le riflessioni speculari possano cambiare la sensibilità spettrale ottimale nel cono V, sono state disegnate le radianze mediane delle foglie modellate con e senza le riflessioni speculari quando la sorgente luminosa speculare erano le foglie sovrastanti. (Fig. 7 b). Quando la copertura di canopia era >80% (Fig. 7 b, pannello destro in alto), la sorgente luminosa speculare cambiava la forma spettrale della radianza della superficie superiore della foglia molto di più di quando la copertura di canopia era <80% (Fig. 7b, pannello sinistro in alto). Questo non era vero per le superfici fogliari inferiori -le riflessioni speculari hanno cambiato soprattutto l'intensità e non la forma spettrale della radianza della superficie inferiore della foglia, e funzionava così in proporzioni simili sotto tutti i livelli di copertura di canopia. In breve, le riflessioni speculari hanno cambiato la forma spettrale della radianza diversamente per le superfici fogliari superiori e inferiori, e questo cambiamento è più estremo negli ambienti chiusi. Il risultato in termini di contrasto
fogliare da 300 a 500 nm può essere visto nei due pannelli in basso nella Fig. 7b. Quando la copertura di canopia era >80%, il contrasto fogliare era superiore a 400 nm, mentre quando la copertura di canopia era <80%, il contrasto fogliare era inferiore a 400 nm.
Si può supporre che la ragione per cui le riflessioni speculari cambiano la radianza fogliare più negli ambienti chiusi che aperti sia che negli ambienti chiusi le riflessioni speculari hanno un'intensità maggiore rispetto alle riflessioni diffuse. In un ambiente chiuso, passa poca luce attraverso i buchi nella canopia per contribuire alle riflessioni diffuse. Come tale, il rapporto di riflessioni speculari a riflessioni diffuse sarà più alto in un ambiente chiuso, spiegando perché le riflessioni speculari cambiano la radianza fogliare più in ambienti chiusi che aperti. Per capire meglio questa relazione, è stato usato il modello per visualizzare l'interrelazione tra la copertura di canopia, l'intensità di riflessioni speculari a riflessioni diffuse, e il contrasto fogliare visto da il cono V rispetto al cono U. Come previsto, quando la copertura di canopia aumentava, la proporzione di riflesione speculare a riflessioni diffuse aumentava, e allo stesso modo anche il contrasto fogliare visto dal cono V rispetto al cono U (Fig. 8).

Fig. 8


Il rapporto di riflessioni speculari a riflessioni diffuse dalle foglie modifica la sintonia spettrale ottimale per percepire il contrasto fogliare. Il modello ottico rivela che la sensibilità spettrale ottimale per visualizzare il contrasto fogliare dipende non solo dalla sorgente luminosa speculare (vedi Fig. 7 a) ma anche dal rapporto di riflessioni speculari a riflessioni diffuse dalla superficie fogliare superiore. Il rapporto dipende da quanto il cielo è oscurato dalla canopia sovrastante. Meno luce passa attraverso i buchi della canopia sovrastante, più grande è la proporzione di riflessioni speculari rispetto a riflessioni diffuse, e più vantaggioso il cono V per visualizzare il contrasto fogliare. La linea y=0 indica il punto in cui entrambe le varianti del cono V vedono un contrasto uguale.
Studi precedenti hanno testato quali parti dello spettro un animale dovrebbe campionare per la discriminazione di colori ottimale in ambienti ricchi di vegetazione. Tuttavia, limitazioni metodologiche hanno impedito di scoprire l'importanza dell'UV. Lythgoe e Partridge (1989) hanno portato delle foglie in laboratorio per misurare la loro riflettanza spettrale e hanno mostrato, con modelli, che un fotorecettore blu e verde è la migliore combinazione dicromatica per discriminare tra le diverse foglie verdi. Non è chiaro se abbiano messo a confronto le superfici superiori e inferiori delle foglie, ma portando oggetti in laboratorio hanno demolito gli effetti della geometria dell'illuminazione, che è cruciale per impostare un forte contrasto fogliare UV. Chiao et al. ha usato una fotocamera multispettrale per testare quali combinazioni dicromatiche di fotorecettori vedano i contrasti di colori più alti in ambienti ricchi di vegetazione, ma non campionato lo spettro UV. Questo studio è il primo a usare un sistema di imaging spettrale multi o iper per visualizzare la vegetazione, in situ, dalla prospettiva di un animale attraverso l'intero spettro UV visibile. Poichè la metodologia utilizzata ha preservato la naturale geometria dell'illuminazione e ha campionato l'intero spettro UV visibile, è stato possibile scoprire un fenomeno che, in esame retrospettivo,
sembra ovvio, ma che nessuno studio precedente ha avuto la capacità metodologica o la lungimiranza di cercare.
Sviluppando un modello ottico per capire la fisica dietro ai dati multispettrali, si è scoperto che le riflessioni speculari hanno un ruolo sottovalutato nel cambiare la forma spettrale della luce riflessa da oggetti lisci. Studi di colorazione adattabile generalmente non spiegano le riflessioni speculari. Questo potrebbe aver portato a risultati ingannevoli in alcuni casi, soprattutto quando si guarda a parti dello spettro dove le riflessioni speculari spesso sovrastano quelle diffuse. Il presente studio perciò apre la possibilità di un intero nuovo mondo di indagine sull'importanza delle riflessioni speculari per l'evoluzione della visione e colori negli ambienti naturali.
METODI
Design del filtro della fotocamera multispettrale
Per calcolare lo spettro del filtro target sono state calcolate le tipiche sensibilità spettrali dei coni aviari e poi divisi questi spettri per le sensibilità/trasmittanze degli altri componenti del sistema della fotocamera, che era basato sullo Spectrocam PIXELTEQ's UV-VIS (Largo, FL, USA). Usando i dati tabulati in Hart e Vorobyev, è stata calcolata la bassa lunghezza d'onda del picco della sensibilità per l'opsina in ogni classe di cono aviario (U,V,S,M,L) e usate queste lunghezze d'onda per generare curve di sensibilità spettrale di opsina seguendo Govardoviskii et al. Poi, è stata calcolata la bassa lunghezza d'onda del picco del coefficiente di assorbimento al 50%(λmid) di ogni classe di gocciolina d'olio, inclusa una media separata per ciascuna delle due varianti che può essere accoppiata con la classe di cono S(blu). Per ogni media λmid, è stato calcolato il corrispondente λcut e poi la trasmittanza spettrale di ogni gocciolina d'olio, usando equazioni modello sviluppate da Hart e Vorobyev. Lo spettro di trasmittanza della media ottica degli uccelli con ciascuna variante della classe del cono UV (U e V) è stato calcolato dai dati tabulati in Lind et al.
E' stata calcolata la sensibilità spettrale desiderata di ogni canale di fotocamera multispettrale moltiplicando ogni curva di opsina con la sua gocciolina d'olio associata per lo spettro di trasmittanza della media oculare. Per i coni M e L, è stata utilizzata la media dello spettro di trasmittanza ottica U e V. Per ottenere lo spettro di trasmittanza del filtro target, sono state divise queste sensibilità spettrali del target per lo spettro di efficienza quantistica del sensore della fotocamera (JAI CM-140 GE-UV, Kushima City, Giappone), per lo spettro di trasmitttanza delle lenti (Jenoptik CoastalOpt UV-VIS-IR 60 mm 1:4 Apo Macro, Jupiter, FL, USA), e per un filtro di blocco infrarosso montato davanti alle lenti (commissionato da Knight Optical, Kent, UK). Perciò,

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dove
S
i(λ) = sensibilità spettrale della classe di coni i,
T
i(λ) = trasmittanza spettrale delle goccioline d'olio associate con la classe di coni i,
T
m,i(λ) = trasmittanza spettrale di media ottica (lenti, cornea, liquido vitreo) associato con la classe
di coni i,
F
target,i(λ) = trasmittanza spettrale target del filtro di fotocamera multispettrale, Ssensor(λ) = sensibilità spettrale del sensore della fotocamera,
T
lens(λ) = trasmittanza spettrale delle lenti della fotocamera, e
T
IRblock(λ) = trasmittanza spettrale del filtro di blocco infrarosso.
PIXELTEQ (Largo, FL, USA) ha fabbricato i filtri secondo il Ftarger,i(λ) calcolato. Un confronto tra le sensibilità di spettro aviario e le sensibilità spettrali effettive di ciascun canale di fotocamera è raffigurato nella Fig. 1.
Campionamento e fotografia dell'ambiente
Sono state acquisite 173 serie di sei fotografie (una attraverso ciascuno dei sei filtri) di ambienti terrestri ricchi di vegetazione, inclusi gli ambienti decidui nel sud della Svezia (43 serie) e degli ambienti di sclerofillo e umidi (50 serie) e foreste pluviali (80 serie) nel Queensland, Australia. I dettagli dei siti possono essere trovati nella Tabella Supplementare 1. Le fotografie sono state scattate nei vari siti in giorni sereni o in porzioni del giorno per minimizzare la confusione dovuta al movimento dei rami e delle foglie indotto dal vento. Le escursioni sul campo sono state pianificate per massimizzare la gamma di condizioni di illuminazione campionate, da cieli nuvolosi a sgombri, e dall'alba al crepuscolo. Per ogni scena campionata, la posizione e la direzione della fotocamera è stata selezionata in una maniera pseudo-casuale disegnata per massimizzare la gamma di condizioni dell'ambiente e dell'illuminazione campionata, incluso, quando possibile, le differenti altezze nella canopia, con il sussidio delle cosiddette canopy tower, dei sentieri, dei ponti, ecc. Le fotografie degli ambienti decidui sono limitate al mese di giugno, luglio e agosto per evitare gli effetti della senescenza fogliare che avrebbero potuto creare confusione. Quando la gamma dinamica della fotocamera era insufficiente ad acquisire gran parte della gamma dinamica della scena, sono state scattate serie multiple di fotografie e in seguito assemblate nel MATLAB per creare immagini con gamma altamente dinamica.
Quantificare il contrasto fogliare dalle fotografie
Il risultato finale del sensore della fotocamera dello Spetrocam UV-VIS saliva in modo lineare con l'intensità luminosa; perciò, non sono state richieste correzioni non lineari. Il rumore termico era costante attraverso le esposizioni ed è stato sottratto da tutti i valori dei pixel. Ogni valore del pixel di una fotografia scattata con un filtro dato rappresentava il quantum catch per una singola classe di coni in un singolo punto nello spazio. Per adattare i quantum catch all'intensità dello sfondo, ogni valore del pixel è stato normalizzato con la media di tutti i valori dei pixel nella fotografia. Ogni serie di sei fotografie è poi stato aperta usando il software Evince (Prediktera, Umea, Svezia). Con questo programma, sono state selezionate a mano tutte le superfici superiori delle foglie e tutte quelle inferiori, selezionando gli stessi pixel attraverso le sei fotografie. Ogni specie di pianta è stata selezionata separatamente. Sono stati esportati gli indici dei pixel selezionati e poi importati nel MATLAB, che è stato usato per calcolare il quantum catch mediano della superficie superiore delle foglie di ogni pianta e poi della superficie inferiore in ogni fotografia. Questi mediani sono stati poi usati per calcolare il contrasto di Michelson e le differenze appena avvertibili (JNDs) tra le superfici fogliari superiori e inferiori di ogni pianta. Le JNDs sono state calcolate con una trasformazione logaritmica dei quantum catch. Per il nostro paragone tra uccelli LMSU e LMSV, le frazioni di Weber sono state calcolate da stime di rapporti segnale-rumore e frazioni di coni di uccelli che cercano il cibo a terra. Le frazioni di Weber usate sono le seguenti: U e V: 0,12, S: 0,092, M: 0,075,
L: 0,069. Per il confronto tra tetracromatici e tricromatici teorici, e dicromatici (Fig. 5b), si è voluta massimizzare la generalità dei risultati nel regno animale, così è stato presupposto che lo stesso numero di ogni classe di fotorecettori abbia contribuito a un'unità integrativa, e impostato tutte le frazioni di Weber a 0,069.
Se alcune foglie in un'immagine erano illuminate dalla luce del sole diretta, queste foglie sono state selezionate e analizzate separatamente. Se c'erano pixel sovra o sottoesposti in un canale, questi pixel sono stati esclusi da tutti i calcoli in tutti i canali. I valori di pixel selezionati e normalizzati e i loro metadati associati possono essere scaricati come un file JSON nel sito https://figshare.com/ sotto il DOI 10.6084/m9.figshare.7423532.
Parametri dei risultati del modello ottico
Per determinare le riflettanze diffuse dello spettro e le trasmittanze delle foglie sono state misurate queste proprietà da 17 foglie decidue raccolte dal campus dell'Università Lund, e da 16 foglie di foresta pluviale raccolte dalla serra del Giardino Botanico dell'Università Lund a metà giugno. Le specie decidue campionate sono : Acer platanoides, Alnus incana, Betula pubescens, Cornus sanguinea, Corylus avellana, Crataegus laevigata, Crataegus monogyna, Fagus sylvatica, Fallopia dumetorum, Malus spp., Prunus padus, Quercus rubra, Rhamnus cathartica, Rosa spp., Sorbus aucuparia, and Taraxacum pallidipes. Le specie della foresta pluviale campionate sono: Aglaonema nitidum, Anchomanes difformis, Arpophyllum giganteum, Artocarpus altilis, Bambusa vulgaris, Camillia japonica, Corynocarpus laevigatus, Encephalartus ferox, Epipremnum pinnatum, Myriocarpa spp., Passiflora quadrangularis, Psidium cattleianum, Syngonium podophyllum, and Theobromum cacao.
Per determinare un tipico spettro di riflettanza di lettiera sono state misurate le riflettanze spettrali diffuse delle superfici di 17 foglie secche trovate nel lettiera del campus e dei parchi a Lund, Svezia. Le foglie morte non sono state identificate nelle specie, ma l'ispezione visiva ha indicato che provenivano tutte da specie differenti.
La riflettanza diffusa è stata misurata con una sonda di riflessione, orientata a 45° dalla superficie della foglia, connessa a uno spettroscopio USB2000 + UV-VIS-ES e una sorgente luminosa DH- 2000 (entrambe dall'Ocean Optics, Dunedin, FL, USA). La trasmittanza è stata misurata con una Sfera di Ulbricht (Electro Optical Industries Inc., Santa Barbara, CA, USA) connessa a uno spettrometro USB2000 + UV-VIS-ES, con il cielo sgombro come sorgente luminosa. Per ogni classe di spettri, è stato calcolato lo spettro mediano da usare come modello di risultato (Figura Supplementare 1 a).
Sono stati utilizzati gli spettri di irradianza terrestre standard dell'American Society for Testing and Materials' (ASTM) come modello ottico. Questi includono l'irradianza diretta normale solare Iper un sole a 42° dallo zenit, e l'irradianza semisferica Iper luce incidente su una superficie inclinata a 37° verso lo stesso sole sotto cieli sgombri. L'irradianza semisferica di cieli sgombri Iè stata calcolata sottraendo Ida Ia. L'irradianza di cieli nuvolosi è stata calcolata da Ie Iseguendo la parametrizzazione di Siegel et al. usando il cloud index (indice nuvola) CL di 0,8 che è tipico di condizioni nuvolose per calcolare il cloud index spettrale cl,

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Per ottenere l'irradianza semisferica per un cielo nuvoloso Ic, il cloud index spettrale è stato moltiplicato per l'irradianza semisferica sotto un cielo sgombro. L'irradianza semisferica sotto un cielo sgombro Ics è stata prima calcolata aggiungendo l'irradianza di cielo sgombro Iall'irradianza solare Iponderata dal coseno dell'angolo θdello zenit solare,

Gli spettri di irradianza semisferica del cielo, delle nuvole e del cielo sotto un angolo solare di zero sono mostrati nella Figura Supplementare 1b. Le radianze di cielo e nuvola steradiante sono state stimate dividendo le loro radianze per pi. Sebbene l'intensità della radianza di nuvola e di cielo può variare in base alla posizione del sole e alla densità e spessore della nuvola, le intensità radianti del cielo con condizioni variabili e della nuvola non hanno effetti rilevanti nell'output del nostro modello ottico (per es. la differenza nel contrasto fogliare visto dalle due varianti di coni aviari UV).
Calcoli del modello ottico
Il modello ottico è stato programmato per ripetere i calcoli del contrasto fogliare del cono U e V 10000 volte con 12 parametri che, a meno che altrimenti dichiarati, sono stati randomizzati ogni volta per spiegare la variazione naturale nella geometria dell'ambiente e nelle condizioni ambientali. I parametri randomizzati includono (1) l'angolo dello zenit solare, (2) l'inclinazione verticale delle foglie di cui veniva calcolato il contrasto, (3) l'azimut del sole rispetto alla direzione dello sguardo dello spettatore, (4) la copertura di nuvole, (5) se le foglie di cui veniva calcolato il contrasto erano al sole o all'ombra, (6) la proporzione del sole occluso dalla canopia sovrastante, (7) l'occlusione del sole per le nuvole, (8) la proporzione del terreno (es. lettiera) visibile attraverso la vegetazione sottostante, (9) l'identità della sorgente luminosa speculare riflessa dalla superficie fogliare superiore (poteva essere luce che si irradiava dal cielo, dalle nuvole o dalla canopia sovrastante), (10) l'identità della sorgente luminosa speculare riflessa dalla superficie inferiore della foglia (poteva essere luce che si irradiava dalla canopia sottostante o dalla lettiera), (11) se la sorgente luminosa speculare nel (10) era illuminata dalla luce diretta del sole, e (12) se venivano usati spettri di foglie decidue o della foresta pluviale. Quando ciascuno di questi parametri è definito nelle equazioni che seguono, il suo numero corrispondente in questa lista è mostrato tra parentesi.
Per semplicità, si presume che lo sguardo dell'osservatore aviario sia orizzontale, es. perpendicolare alla direzione dello zenit (Figura Supplementare 1c). Il modello ha calcolato il contrasto acromatico tra le superfici superiori e inferiori di due foglie identiche, fianco a fianco, una con la superficie superiore inclinata verso l'osservatore, e l'altra con la superficie superiore non inclinata verso l'osservatore. L'angolo di inclinazione θdelle due foglie rispetto allo zenit era lo stesso entro un'iterazione data e poteva spaziare tra 70 e 90°. Per semplicità, si presume che tutte le altre superfici di riflessione nella foresta (altre foglie nella canopia e lettiera) siano orientate orizzontalmente.
Quando nessun oggetto sovrastante (canopia, nuvole) bloccava la luce del sole diretta, il modello ha calcolato gli angoli di incidenza θdel sole sopra la superficie superiore di ciascuna delle due foglie. Per fare ciò, si è seguito:


(9)
dove
θ
= angolo dello zenit solare (parametro #1)
θ
= angolo inclinato della foglia rispetto allo zenit (parametro #2) e,
quando la superficie superiore della foglia era inclinata verso l'osservatore,
γ
= azimut del sole rispetto alla direzione dello sguardo dello spettatore (parametro #3) e, quando la superficie superiore della foglia non era inclinata verso lo spettatore,
γ
= γs – 180°.
Se θera ≥ 90°, l'angolo del sole rispetto alla foglia era tale che il sole non colpiva la foglia. Quando ciò avveniva, l'immediatezza dell'illuminazione del sole sulla foglia d (definita e implementata sotto) era impostata a zero.
L'incidente di irradianza spettrale di downwelling sopra la superficie superiore della foglia inclinata verso l'osservatore è stato poi approssimato dagli spettri ottenuti nella sezione precedente, calcolando i contributi relativi della luce solare diretta, luce delle nuvole, luce del sole, luce che filtra attraverso le foglie:

e poi sommando questi contributi per ottenere l'incidente di irradianza spettrale di downwelling totale sulla foglia:


dove
p= proporzione del cielo occluso dalle nuvole (parametro #4),
I= irradianza downwelling del cielo blu,
I= irradianza downwelling del cielo nuvoloso,
d = indica se la luce del sole diretta è bloccata dalle foglie sovrastanti (0 = sì, 1 = no) (parametro #5)
I= irradianza solare con elevazione di 90°
T = trasmittanza delle foglie,
p= proporzione del cielo occluso dalle foglie sovrastanti (parametro #6), e
p= occlusione del sole per le nuvole (0 = occlusione totale, 1 = nessuna occlusione) (parametro #7)
La radianza per steradiante dovuta alla riflettanza diffusa dalla superficie superiore delle foglie è stata calcolata come:


dove
R
= riflettanza diffusa della superficie fogliare superiore
La radianza per steradiante dovuta alla trasmittanza della superficie inferiore delle foglie è stata calcolata come:

Si noti che il componente lsun del ldown deve essere calcolato separatamente per la riflettanza diffusa della superficie superiore della foglia e trasmittanza della superficie inferiore della foglia, in quanto l'angolo del sole incidente sulla foglia sarebbe diverso nei due casi.
La radianza per steradiante dovuta alla riflettanza diffusa dalla superficie inferiore della foglia è stata determinata calcolando prima l'irradianza upwelling come prodotto dell'irradianza downwelling e della riflettanza degli oggetti (foglie e lettiera) sotto la foglia:

dove
p= proporzione del terreno visibile attraverso la vegetazione sottostante (parametro #8), e
R= riflettanza della lettiera.
Questa irradianza upwelling è stata poi usata per calcolare la riflettanza diffusa della superficie inferiore della foglia:


dove
R= riflettanza della superficie inferiore della foglia.
Per calcolare la radianza spettrale proveniente dalle foglie dovuta alle riflessioni speculari, sono state seguite le equazioni di Fresnel. È stato usato un fattore di correzione conservativa K di 1 per le superfici superiori e inferiori; Brakke (1994) ha scoperto che la foglia K può spaziare da 0,6 a 3,5, e che a volte la superficie superiore ha una K maggiore della superficie inferiore, e a volte viceversa. Le conclusioni tratte dal modello sono state le stesse indipendentemente da dove la K è stata impostata per le superfici superiori e inferiori entro la gamma 0,6-3,5. I componenti polarizzati orizzontalmente Re verticalmente Rdella riflettanza sono stati calcolati come:


L'indice refrattivo dell'aria, n1, è stato impostato a 1. L'indice refrattivo delle foglie, n2, è stato impostato a 1,45. L'indice refrattivo delle foglie è stato approssimato come costante con una lunghezza d'onda in quanto non ci sono misurazioni pubblicate o modelli sotto a 400 nm. npotrebbe aumentare in modo evidente vicino a 300 nm a causa dell'assorbimento della cuticola della foglia; tuttavia, impostare l'indice refrattivo per aumentare linearmente da 1,45 al valore più alto registrato in un materiale naturale (4,14 a 1800 nm nel Germanio) da 350 a 300 nm, o da 400 a 300 nm, non ha avuto effetti rilevanti nell'output del modello. Nell'iterazione di ogni modello, le sorgenti luminose speculari sopra e sotto (parametri #9 e #10) erano sorgenti luminose estese che sono state scelte casualmente con una probabilità definita dalle proporzioni relative dei diversi oggetti nell'ambiente. Se, per esempio, come sorgente luminosa speculare da sopra fossero state selezionate casualmente le foglie sovrastanti, allora la radianza della sorgente luminosa speculare per steradiante sarebbe stata calcolata come:
e la radianza per steradiante di luce che riflette specularmente la superficie superiore della foglia sarebbe stata calcolata come:


La sorgente di luce speculare da sotto (es. luce diffusamente riflessa dalle foglie o dalla lettiera) è stata casualmente selezionata in un modello simile. La radianza di questa sorgente luminosa è stata calcolata con l'immediatezza della luce solare (dr) sulla superficie riflessiva di upwelling come parametro randomizzato (0 o 1) (parametro #11), secondo la proporzione del cielo occluso dalle nuvole o dalle foglie. Se, per esempio, la lettiera fosse stata selezionata come sorgente di luce speculare, allora la radianza di questa sorgente luminosa speculare per steradiante sarebbe stata calcolata come:


e la radianza spettrale per steradiante di luce che riflette specularmente dalla superficie inferiore della foglia sarebbe stata calcolata come:
I quantum catch della classe di coni i dalle superfici superiori e inferiori delle foglie sono stati calcolati rispettivamente come:

S= sensibilità spettrale della classe di coni i,
Tm,i = spettro di trasmittanza della media ottica (cornea, lenti, vitreo) associata con la classe di coni i.
Questi due ultimi parametri sono gli stessi di quelli usati per progettare i filtri su misura per lo Spectrocam (vedi “Modello del filtro della fotocamera” sopra). Si noti che i coni U e V hanno goccioline d'olio trasparenti, così lo spettro di trasmittanza della goccia d'olio qui è stata omessa. Il contrasto acromatico di Michelson tra le superfici fogliari superiori e inferiori è stato calcolato
come:


Infine, la performance relativa del cono V è stata calcolata come la differenza nel contrasto visto dai coni V (Cv) e U (Cu):


R>0 indica che il cono V vedrebbe un contrasto fogliare più alto, R<0 indica che il cono U vedrebbe un contrasto fogliare più alto, e R=0 indica che i cono V e U vedrebbero un contrasto fogliare uguale.
Disponibilità del codice
Il codice MATLAB usato per eseguire le analisi è disponibile dall'autore corrispondente sotto richiesta.
Sommario
Maggiori informazioni sul modello dell'esperimento è disponibile nel Naure Research Reporting Summary collegato a questo articolo.
Disponibilità dei dati
La sorgente dei dati sotto le Fig. 5-6 e delle Tabelle 1-2 possono essere trovate al sito https://figshare.com/ sotto il DOI 10.6084/m9.figshare.7423532. Un sommario per questo Articolo è disponibile come Summplementary Information File.