C'erano una volta una pecora e un branco di lupi. La pecora era onesta e incapace di fare del male, ma era anche sola e triste. I lupi invece erano felici e stavano sempre in compagnia. All'interno del loro branco, poi, facevano quel che volevano e mangiavano i poveri agnelli che malauguratamente finivano sul loro cammino. Erano lupi malvagi, che spaventavano e minacciavano.
Un giorno il branco di lupi uscì in sortita notturna per andare a caccia, ma uno di loro, stordito dallo stridore di una civetta appollaiata sul ramo proprio sopra la sua testa, rimase indietro e perse il branco. Intanto la pecora, annoiata dalla sua vita monotona, decise di vagare in quella parte del bosco, che sapeva sgombra dai lupi, in cerca di erbetta fresca. Il lupo, deciso a rintracciare il branco, si mise a correre veloce, ma per i fitti alberi e cespugli, ben presto si perse. Allora rallentò e cercò di orientarsi. Mentre osservava attorno a sé, vide da dietro un folto cespuglio una radura, dove una pecora stava brucando l'erba. Il lupo affamato pensò subito di azzannarla e divorarla in un sol boccone, come aveva già fatto con molti altri teneri capretti. Aveva già l'acquolina in bocca, quando calpestò inavvertitamente un rametto secco. All'improvviso la pecora si rese conto del pericolo e iniziò a correre all'impazzata per avere salva la vita. Il lupo la inseguì ma quasi al limitar del bosco incapparono entrambi in una trappola dal cacciatore.
I lacci li tenevano stretti e, uno da un ramo uno da un altro, penzolavano come due grossi salami. Il lupo iniziò a dimenarsi per rompere i lacci ma non ottenne nulla e alla fine si arrese esausto. Si voltò a osservare la pecora, pensando al suo mancato spuntino e si sorprese nel vederla immobile e silenziosa.
"Pecora, sei morta!"
Rispose il silenzio.
"Ehi, stupida, sei morta?"
"No, ma tu volevi che lo fossi."
"Una lauta cena per il miglior cacciatore!"
"Che sta un po' stretto nel ruolo di cacciato, o sbaglio?" La pecora prendeva coraggio:
"Come ci si sente da preda?"
"In effetti, avere spazi ristretti intristisce. Ma appena sarò libero...considerati già morta!"
"Sai, lupo, qual è la differenza tra me e te?"
"Io sono forte, tu debole?"
"Io sono umile, tu superbo. Io accetto di morire, di sbagliare, ma tu sei certo di non fallire."
"Cioè?"
"Cioè?! Guardati... non hai nemmeno considerato che il cacciatore potrebbe uccidere te, prima che me. Anche perché io non potrei azzannarlo ma tu sì."
"..."
"E ora hai paura. Perché sei diventato preda e non eri abituato. Perché hai perso la tua libertà."
"..."
"Hai paura perché non sei più il supereroe invincibile che credevi di essere, perché sei vulnerabile ora, come una pecora."
"Tutti hanno paura."
"Vero. E per fortuna! Chi non ha paura è un incauto. "L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa" dicevano. Io, per esempio, ho paura di voi lupi. Voi vi credete superiori dosate la vostra forza contro i deboli. Siete solo voi, non c'è spazio per gli altri. Ho paura della solitudine, dell'abbandono. Tu hai un branco, tanti amici con cui vivere ma io non ho il supporto dell'amicizia. Tu ti fidi di loro ma io di chi posso fidarmi se non di me stessa? Ora te lo dico: sono stata diffidente anche verso di te, all'inizio, con quel silenzio. Ma ora siamo pari, nella stessa situazione. Quando all'alba il cacciatore arriverà, saremo morti entrambi."
"Perché ti arrendi così facilmente?"
"È la realtà."
"Esiste la speranza."
"Che speranza può esserci per una pecora e un lupo legati come salami?"
"Non speri neanche un secondo nella vita? Potremmo anche uscire di qui."
"No. La speranza è illusione."
"Può essere. Ma pensaci: a questo punto ci conviene sperare. Siamo prigionieri nel corpo, ma perché impedirci di essere liberi anche nella mente?"
"...Già."
"Ho fame."
"Beh, per fortuna non siamo liberi." rise la pecora
"Non ti mangerei, non più."
"Ma mangeresti un'altra pecora?"
"Si."
"Hai già progettato il tuo futuro, quindi? Almeno il più prossimo..."
"Dall'avere speranza segue l'avere prospettive".
"Anche se potresti morire tra poche ore?".
"La vita è una scommessa, ogni decisione è una scommessa. E comunque è la mia natura mangiare carne."
"Non ho mai visto qualcosa di più mutevole della natura."
"Questa natura non si può cambiare."
"Eppure dici che non mi mangeresti se fossi libero, perché?"
"..."
"Perché uccidi?"
"Per far vedere che sono il più forte."
"Superbia."
"Più egoismo, forse."
"O paura?"
"Si, anche. Paura di essere sopraffatto."
"Ecco perché non mi mangi: io non sono una minaccia per te. Perché allora non uccidi i tuoi simili?"
"Perché è sbagliato! Loro sono come me."
"Allora uccidi chi è diverso perché è diverso?"
"No."
"Invece sì."
"No!"
""Ho compreso che una fonte d'errori e di illusioni è l'occultare i fatti che ci disturbano, anestetizzarli ed eliminarli dalla nostra mente.""
"Sì, hai ragione. È vero. Uccido perché seguo il branco che mi guida contro chi è diverso. Ma loro allora? Non sbagliano forse anche loro?"
"Sì, ma non lo capiscono. Tu stanotte hai capito il tuo errore."
"..."
Si addormentarono e la notte passò.
All'alba il cacciatore si fece attendere, ma in compenso furono svegliati dallo zampettio di uno scoiattolo. All'unisono pecora e lupo dissero: "Ti prego, liberaci!"
Ma lo scoiattolo replicò: "Te, pecora, sì! Sei umile e buona, ma il lupo è pericoloso." Coi denti iniziò a mordere le funi.
"Dai, dai, scoiattolo, o arriverà il cacciatore!"
"Pazienza! La redenzione è lenta."
Poi lentamente una, due, tre,... e tutte le funi si ruppero. La pecora cadde a terra e lo scoiattolo in fretta si dileguò.
"Grazie!" urlò la pecora.
Il lupo ancora era in trappola, ma la pecora non esitò: con le zampe ruppe il ramo basso e le zanne del lupo fecero il resto. Erano liberi!
"Grazie."
"..."
"Avresti potuto lasciarmi lì, ma non l'hai fatto. Sei umile e buona. Non avere paura di me, oggi ho capito che sei un'amica. Tu sei sola eppure hai trovato un amico che ti ha dato la vita. Io invece, ero nel branco e mi sono perso. Ma nessuno di loro è venuto a cercarmi. Eravamo forti e uniti, ma solo per convenienza, nulla ci legava veramente. Ora sono solo, il mio gruppo non sono loro. Me ne vado. Ma una cosa voglio dirti, pecora: abbi sempre la speranza. A volte si cade così in basso che non solo è lungo e difficile rivedere la luce, ma, a un certo punto, si dispera anche di poterlo fare. Non farti mancare quella luce, perché, l'hai visto anche tu, non ti hanno abbandonato. Addio!"
La morale di questa favola e' un paragone che si può benissimo fare con i pappagalli, essi in natura sono delle prede e anche in cattività lo restano...gli animali socievoli e umanizzati come i pappagalli a volte dimenticano di essere prede, ma il lupo e' sempre in agguato... il lupo e' l'uomo che a volte anche con il troppo amore li uccide!!